Palermo, 2 dic. (askanews) – L’operazione “Icaro” ha visto le Squadre Mobili di Palermo e di Agrigento eseguire un provvedimento di fermo nei confronti di 13 persone emesso dal gip di Palermo Giangaspare Camerini, su richiesta dei pm Maurizio Scalia, Rita Fulantelli ed Emanuele Ravaglioli, della Direzione Distrettuale Antimafia, ha riguardato gli esponenti di vertice delle famiglie mafiose di Agrigento e Porto Empedocle, ritenuti responsabili di associazione per delinquere di tipo mafioso, estorsione, illegale detenzione di armi, detenzione di sostanze stupefacenti.
Le indagini hanno riguardato il capoluogo agrigentino e la zona occidentale di Agrigento, permettendo di ricostruire la pianta organica di Cosa Nostra in quel territorio, raccogliendo numerosi elementi a carico del capo famiglia della cosca di Agrigento, Antonino Iacono, e del capo famiglia della cosca di Porto Empedocle, Francesco Messina. Questi operavano con metodo mafioso ed estorsivo per condizionare l’attività di ristrutturazione del rigassificatore di Porto Empodecle.
Oltre alla supremazia dei due capifamiglia, sono emersi i ruoli di spicco di numerose persone organiche all’associazione, come Giuseppe Piccillo, uomo di fiducia di Iacono, delegato all’organizzazione di incontri con esponenti mafiosi di altre famiglie locali e per conto del quale si è reso responsabile di più azioni intimidatorie, finalizzate ad estorcere il pizzo a numerose imprese locali attive nel settore del calcestruzzo.
Francesco Capizzi e Francesco Tarantino, invece, erano organici alla famiglia mafiosa di Porto Empedocle e uomini di fiducia di Francesco Messina, per conto del quale si sono resi responsabili di azioni estorsive nei confronti di imprese edili attive in quel centro. Questi avrebbero tentato di condizionare il trasporto da e per l’isola di Lampedusa, nonché l’attività di ristrutturazione di alloggi popolari a Porto Empedocle.Tra gli arrestati anche Gioacchino Cimino, agrigentino ritenuto organico alla famiglia di Porto Empedocle.