Milano, 11 apr. (askanews) – Nonostante il risultato abbia fatto alzare più di un sopracciglio, Milano ha finalmente il suo Palazzo Citterio, il più importante tassello del progetto di ampliamento delle Pinacoteca di Brera. Ci sono voluti 43 anni di lavori, più volte intrapresi e interrotti, ma l’ultimo miglio è stato paradossalmente percorso a tempo di record, con un cantiere di soli 31 mesi, che ha tentato di recuperare e restaurare sia quanto restava del palazzetto settecentesco, sia quanto realizzato nel recente passato, dalle sale degli anni Settanta a quelle ipogee del progetto Stirling-Wilford degli anni Novanta,
“Abbiamo trovato tanti frammenti, tanti segmenti, tante identità diverse che bisognava rendere armoniche, fluide. Non in modo forzato, ognuna mostra se stessa. Il cantiere ha soprattutto restituito il palazzo affinché torni a vivere e quiondi oggi è un’occasione per festeggiare” ha sottolineato la Soprintendente Archeologia, Belle Arti e Paesaggio di Milano, Antonella Ranaldi. Una linea di rispetto assoluto delle stratificazioni, coniugata con l’obiettivo di rendere funzionale il tutto e dotarlo di impianti, collegamenti e spazi inesistenti nell’originaria residenza privata. Ne è uscito un contenitore ancora molto eterogeno, dove potranno però trovare una sede adeguata tanto le collezioni permanenti quanto mostre ed eventi temporanei.
Il vero punto di forza resta la posizione del palazzo, adiacente all’Orto botanico di Brera, che indusse lo Stato ad acquistarlo nel lontano 1972 con l’intento, ancora valido, di realizzare un unico percorso espositivo. C’è dunque ancora da completare il progetto, a partire dal collegamento tra i due palazzi, ma comunque il bicchiere è sicuramente “mezzo pieno”, come ha sottolineato il sindaco di Milano, Giuseppe Sala.
D’altra parte, visto l’accumulo di difficoltà, interruzioni, cambiamenti e avvicendarsi di progetti e persone, il progetto sembrava quasi stregato, tanto da indurre l’attuale direttore generale Archeologia, Belle Arti e Paesaggio del Mibact, Caterina Bon Valsassina, a regalare al cantiere un corno portafortuna, acquistato a Napoli, che è stato scaramanticamente murato in una delle nuove strutture. “Avevamo davanti una rovina piranesiana e oggi la conclusione dei lavori – ha commentato – chiude un caso che si è trascinato per oltre quarant’anni”.