Roma, 24 dic. (askanews) – (di Pierluigi Allotti) Antonio Mariniello, 59 anni, napoletano, vive in Messico dal 2002. Moglie messicana, padre di tre ragazzi, Mariniello è un imprenditore. Dirige uno studio di architettura, specializzato in ristrutturazioni di spazi urbani, e una ditta di costruzioni. Appassionato di scrittura, da giovane ha collaborato con diversi periodici locali napoletani e con ‘Il Mattino’, il principale quotidiano del Mezzogiorno. È attualmente vicepresidente del Comites Messico e punto di riferimento della comunità italiana locale. I Comites – Comitati per gli italiani all’estero – sono organi rappresentativi elettivi che si possono costituire per legge nelle circoscrizioni consolari con oltre 3 mila italiani iscritti all’AIRE (Anagrafe degli italiani residenti all’estero). Askanews ha incontrato Mariniello.
Antonio, raccontaci la tua storia.
‘Io sono qui in Messico da 22 anni. Sono arrivato nel 2002, dopo essermi sposato con una messicana, Paola, nel 1999. Appartengo a una categoria frequentissima e molto numerosa, quella degli italiani che hanno sposato donne messicane – o, viceversa, donne italiane che hanno sposato uomini messicani – e che si traferiscono per amore. Mia moglie l’ho conosciuta a Poggiomarino, vicino Napoli, dove ho vissuto per 37 anni. Ci siamo frequentati, sono venuto a visitarla un paio di volte qui in Messico, ed alla fine ci siamo sposati. Abbiamo vissuto tre anni a Napoli e poi ci siamo trasferiti perché vedevamo l’Italia – e in particolare la mia area – all’inizio di un declino, non solo economico ma anche culturale, intellettuale. Il Messico, invece, era un paese in via di sviluppo, che non è solo un modo di dire, tanto è vero che ancora oggi qui ti svegli e puoi trovare un’occasione per realizzarti, un paese eccezionale da questo punto di vista. Dall’altro lato l’Italia, purtroppo, non offriva più questo. Ogni mattina, anzi, ti svegliavi e sembrava vi fosse una occasione in meno per realizzarti. Su queste basi abbiamo deciso che per vivere e per crescere una famiglia era più opportuno trasferirsi qui’.
‘Io risiedo nell’area metropolitana di Città del Messico, la capitale, composta da un distretto – che prima si chiamava distretto federale – attorno al quale, come in tutte le grandi metropoli, si sono create delle zone conurbate che poi sono diventate di fatto parte della città. Città del Messico si trova a 2.400 metri sul livello del mare, Io vivo nelle zone più alta, sulle colline della città, a 2.650 metri di altezza, e si sta benissimo. La mattina fa un po’ freschetto, ma poi durante il giorno la temperatura arriva quasi sempre a 25/27 gradi. Il clima credo sia una delle poche cose di cui non ho mancanza dell’Italia. Qui, almeno a Città del Messico, non è mai troppo caldo, mai troppo freddo, afa e umidità quasi nulle. Ci sembra di vivere una eterna primavera’.
Naturalmente non sono tutte rose e fiori. ‘Il Messico ha purtroppo anche grossi problemi sociali. Molti italiani mi contattano per chiedermi se è un Paese sicuro, anche solo per venire in vacanza. Al riguardo ci sono visioni opposte: da un lato quelli che dicono che il Messico è sicuro e che può essere visitato tranquillamente senza problemi, dall’altro chi invece ‘spaventa’ i potenziali visitatori perché pericolosissimo. Io provo a tenere una posizione equilibrata: si, li invito a venire perché con le dovuta attenzione, evitando certi orari e zone si può vivere benissimo, tuttavia ricordo loro un solo dato solo: qui in tre giorni ci sono tanti omicidi quanti in Italia in un anno. Questo semplice dato crudo ci dà la dimensione dei problemi esistenti in Messico, dove la impunità supera il 90% dei crimini commessi. Continua ad essere un Paese difficile, io stesso vivo in un comprensorio chiuso e protetto da sicurezza privata e l’insicurezza rappresenta senza dubbi il principale problema di questo Paese, ma è anche vero che si compensa con le ricchezze storiche, culturali, paesaggistiche che questo bellissimo Paese offre’.
Quanto è grande la comunità italiana?
‘Una premessa. Credo che in Italia la realtà delle collettività italiane all’estero o non si conosce o si conosce piuttosto male, nel senso che ci sono molti luoghi comuni e ignoranze congenite. Si misconosce, per esempio, il peso che abbiamo noi sul funzionamento della macchina Italia. Prendiamo ad esempio il made in Italy, riconosciuto e amato in tutto il mondo. Ma questo, dal mio punto di vista, cioè visto dall’altra parte dell’Oceano, non è dovuto solo alla qualità, alla tradizione, alla storia e alla bravura degli artigiani o degli industriali italiani, ma anche a chi ogni giorno nel mondo rappresenta i prodotto italiani. Perché in realtà noi facciamo un doppio lavoro: da un lato noi stessi investiamo, con piacere, ogni giorno nel made in Italy, comprando cibi, abiti, auto ecc. italiani ma lo promuoviamo anche. Tanto che sono convinto che, se non ci fossero gli italiani nel mondo, il made in Italy avrebbe un impatto infinitamente minore a quello che ha adesso. Non solo quindi compriamo italiano, ma soprattutto promuoviamo italiano, e tutta la gente che appartiene alla nostra cerchia, alla nostra comunità, è invogliata a fare lo stesso se facciamo un buon lavoro, ed i risultati chiaramente indica che facciamo un ottimo lavoro! Peccato che spesso si consideri l’italiano all’estero un peso e non una risorsa, dimenticando il lavoro che noi facciamo quotidianamente per promuovere la nostra Italia nel mondo’.
‘Nello specifico, la nostra comunità italiana, intesa come scritti AIRE, dovrebbero essere prossima ai 30 mila. Va anche detto che in realtà, in Messico, come credo in molti altri paesi soprattutto dell’aerea tropicale, c’è una grossa fetta d’italiani con la valigia pronta, nel senso che sono italiani che vengono magari a svernare qui in Messico, soprattutto nel sud-est, che è la zona famosissima di Quintana Roo, dove si trovano Cancun e Playa del Carmen, per capirci. Arrivano quindi decine e decine di migliaia di italiani, e molti di questi decidono di rimanere, rapiti dalla bellezza e dalle opportunità che offre il Paese, e non sempre ricordano di iscriversi all’AIRE. Vivono questa esperienza spesso in una situazione, se non di precarietà, di ‘progettualità aperta’, in uno scenario flessibile, dove l’iscrizione all’AIRE non rappresenta una priorità. Questo soprattutto fino all’anno scorso, perché dal dicembre 2023, con la nuova normativa che punisce con una multa – io dico finalmente – chi non si iscrive all’AIRE, c’è stata una richiesta di iscrizione che si è quasi triplicata, che ha mandato in tilt il nostro consolato, preparato a gestire a fatica, per il deficiente organigramma, 30 mila persone, ma che in realtà deve tener conto – io credo – degli oltre 50 mila italiani presenti costantemente in Messico’.
E il Comites di cui sei vicepresidente quali attività svolge.
Anche qui una breve premessa. ‘Il Comites è un’istituzione pubblica, e come tale segue un processo di elezioni, simili per capirci, a quella della elezione di un consiglio comunale e di un sindaco. Ogni comunità estera, al di sopra di un certo numero di persone (3 mila, ndr.), ha la necessità e l’obbligo di legge di creare un proprio Comites. Ogni 5 anni ci sono delle elezioni, si raccolgono le firme per fare le proprie liste e si presentano le proprie proposte, e in base a questo gli italiani all’estero votano e scelgono i propri rappresentati. Siamo in 12 nel nostro caso, e tra questi 12 si sono eletti il presidente, Giovanni Buzzurro, il vicepresidente, che sono io, oltre a un segretario e un tesoriere. È una struttura che serve sostanzialmente a fare da ponte tra le istituzioni – Ambasciata e consolato in primis, ma anche le istituzioni locali, perché la legge ce lo permette – e il cittadino. Il cittadino che ha ovviamente problemi e le più svariate necessità. Noi cerchiamo di canalizzare queste necessità con le istituzioni giuste, possibilmente di aiutarlo, e questo è un lavoro che facciamo ogni giorno. Ogni giorno ci scrivono, ci chiamano cittadini che hanno problemi comuni, dal rinnovo del passaporto all’iscrizione AIRE, ma talvolta anche problemi gravi di salute, legali, di povertà. Il nostro lavoro è su due livelli: uno più immediato, del giorno per giorno, il quotidiano, e poi c’è un altro livello, più progettuale, a lungo termine, perché io e il presidente abbiamo creato tutto questo perché avevamo la sensazione di vivere in una comunità italiana – questa in Messico – abbastanza disgregata e settorializzata. Abbiamo quindi avvertito la necessità di provare a dare una mano per stare insieme e consolidarci come una comunità vera e propria. Ed è quello che stiamo provando a fare con progetti di vario tipo’.
Quali i motivi della disgregazione.
‘I motivi sono essenzialmente due. Innanzitutto per questioni geografiche: pensa che se io da Città del Messico devo andare a una comunità – per esempio Cancun – sono oltre due ore di aereo per arrivarci. È una distanza geografica enorme. E prima dell’istituzione dei consolati onorari, chi doveva fare un semplice passaporto doveva fare un viaggio come se uno da Milano dovesse andare in Svezia. Il Messico credo sia sette volte l’Italia. Le distanze qui sono enormi e questo è il primo problema. Il secondo è l’eterogeneità della popolazione italiana. Qui in Messico, ad esempio, puoi trovare l’italiano con una formazione accademica di eccellenza venuto qui a fare il dirigente d’azienda, una cosa molto comune, così come la persona che decide di ‘chiudere tutto ed aprire un chiringuito’ (un bar sulla spiaggia, ndr.). Tra questi due estremi, difficili da conciliare, ce ne sono mille altri, il piccolo imprenditore, l’importatore, il ristoratore, il ricercatore, ecc.’.
‘E poi ci sono gli italo discendenti. La maggior parte sono persone semplice di provincia a cui sono stati tramandati dei valori ed una idea dell’Italia che magari oggi non esiste più, tanto che spesso l’Italia diventa quasi un mito per loro. Sono persone che normalmente non sono mai andate in Italia, non hanno mai conosciuto l’Italia se non attraverso i nonni, ed hanno una visione romantica e atemporale dell’Italia e sono disposti a tutto per difenderla. Accanto a loro ci sono anche quelli a cui sinceramente interessa più il passaporto e molto meno le proprie radici, tuttavia la maggior parte di loro amano a prescindere l’Italia e si sentono, a mio modo di vedere, più italiani di tanti di noi nati e cresciuti nella penisola. Se adesso mettiamo insieme il variegato arcipelago degli expat più le diverse sfumature del mondo degli Italo discendenti, capirai quanto sia complicato provare a compattare l’intera comunità italiana qui in Messico. Ma noi non desistiamo!’
Riesci a conciliare il tuo lavoro con l’attività nel Comites?
‘Io ho iniziato questa avventura nel Comites insieme all’amico fraterno Giovanni creando una lista che rappresentasse un po’ tutte queste anime, abbiamo raccolto firme, fatto campagna e siamo arrivati fin qui in questa avventura. Ricordo che siamo entrambi anche rappresentanti del Maie (il Movimento degli italiani all’estero) qui in Messico, per cui il nostro impegno rimonta a qualche anno fa. Aggiungo che, personalmente, ho sempre fatto volontariato, per cui la decisione di dedicare parte della mia giornata e parte della mia vita al Comites è arrivata naturalmente. Continuo a lavorare come imprenditore, anche se ho un po’ ridotto i ritmi, grazie soprattutto al fatto di poter ormai contare con una struttura che può camminare sulle sue gambe, tuttavia ho deciso di dedicare a questa esperienza un capitolo della mia vita, anche perché mi sembrava il momento giusto per restituire un po’ della fortuna che mi ha accompagnato, attraverso la decisione di dedicare tempo, non retribuito, ai miei connazionali, convinto che realizzarsi come persona passi anche, anzi soprattutto, attraverso esperienze come queste.