Milano, 17 dic. (askanews) – Si identifica sempre meno nel lavoro da dipendente o nelle carriere lineari, sceglie la libertà di gestire il proprio tempo e le proprie risorse per vivere una vita piena e dinamica, dove lavoro e interessi personali si alimentano a vicenda. Ama la flessibilità, gli stimoli e la meritocrazia, ma soffre la pressione fiscale, la difficoltà di accedere al credito e la mancanza di tutele. È la fotografia del libero professionista della Gen Z, la generazione compresa tra i 18 e i 26 anni. A restituirla è un’indagine svolta tramite sondaggio, condotto a novembre dalla tech company Fiscozen su un campione di 1.127 lavoratori con partita Iva per analizzarne lo stato di salute. Otto giovani liberi professionisti su dieci, il 79%, si dichiara molto soddisfatto della scelta intrapresa e il 35,8% afferma di aver ottenuto sul piano del business risultati significativi accompagnati da una crescita progressiva, sebbene il 61,5% sia alla costante ricerca di un equilibrio tra alti e bassi nei flussi di lavoro.
Le principali motivazioni che hanno spinto i giovani lavoratori a percorrere questa strada sono la possibilità di decidere quando e da dove lavorare per il 29,8% e il riconoscersi sempre meno nel lavoro subordinato per 24,1%. Seguono l’appartenenza ad albi professionali per il 15,7% e la prospettiva di guadagnare di più per il 13,4%. Il 17,1% ha aperto partita Iva non per scelta, dato più basso rispetto ad altre fasce di età. Ad almeno un anno dall’inizio dell’avventura professionale nel mondo del lavoro autonomo, ciò che gratifica maggiormente i professionisti è la libertà di gestire tempo, risorse, priorità e clienti, segnalata dal 44,8% degli intervistati. Dallo studio emergono inoltre aspetti di soddisfazione secondari, ma molto caratterizzanti della Gen Z: il 13,7% è contento di essere artefice del proprio destino, un altro 13% rivendica il piacere di potersi confrontare con realtà e aziende eterogenee e il 12,4% è stimolato dalla possibilità di guadagnare in maniera proporzionale alle proprie capacità. Questi dati raccontano come il lavoro in partita Iva offra un’esperienza dinamica, varia e orientata al merito, in linea con il desiderio della Gen Z di costruire una carriera non convenzionale e ricca di sfide.
“Questi ultimi tratti identitari della Gen Z sono più accentuati rispetto ad altre fasce d’età. I giovanissimi in partita iva si allontanano dai percorsi lavorativi lineari, non solo perché le retribuzioni entry level sono mediamente più basse nel lavoro da dipendente rispetto a quanto si può ottenere nella libera professione, ma anche e soprattutto perché si tratta di persone cresciute con maggiore flessibilità, reattività ai nuovi stimoli e attenzione alla meritocrazia. Spesso vittima di una narrazione stereotipata che la vede poco predisposta a rimboccarsi le maniche e ad assumersi responsabilità, la Gen Z si affaccia al lavoro in partita iva con coraggio e passione, pur trovandosi di fronte ad ostacoli e dinamiche non semplici da gestire in giovane età” ha spiegato Enrico Mattiazzi, CEO e co-founder di Fiscozen.
Le principali preoccupazioni dei giovani professionisti registrate dall’indagine sono: l’eccessiva pressione di tasse e contributi (nel 22,7% dei casi), riuscire a guadagnare abbastanza (20,7%), l’assenza di tutele (15,7%), trovare nuovi clienti (12,4%). Due aspetti in particolare spiccano tra gli under 26 rispetto agli altri lavoratori, ovvero la possibilità di accedere al credito (11,7%) e lavorare troppo finendo per trascurare la vita privata (10,4%). Sul piano strettamente burocratico, invece, ciò che turba maggiormente la loro serenità è il timore di commettere errori e di incappare nelle conseguenti sanzioni per quasi uno su due, il 42,9%. In linea con questi dati, emergono anche gli accorgimenti che li aiuterebbero a vivere con maggiore serenità: tutele per malattia (30,8%), semplificazione degli adempimenti fiscali (20,1%) e, più che per le altre fasce d’età, maggiore fiducia da parte degli enti di credito (19,7%).
“Più che le percentuali in senso assoluto, sono proprio i tratti distintivi rispetto alle altre generazioni a raccontarci quanto la Gen Z non si identifichi col proprio lavoro e non sia guidata dall’aspetto economico come driver principale. La cosa più rilevante per loro è poter scegliere una modalità di lavoro che sia in armonia con la propria vita privata, così da potersi sentire realizzati pienamente. È proprio questa visione che la rende una generazione naturalmente più predisposta a lavorare come libero professionista” conclude Mattiazzi.