Milano, 1 ott. (askanews) – Rafforzare la cooperazione sanitaria internazionale per poter garantire un accesso universale alla salute, in tutti i Paesi e per tutte le persone, incluse quelle che vivono condizioni di marginalità e vulnerabilità. Sono alcune delle istanze che, in vista delle Ministeriali del G7 Salute e Sviluppo, Aidos – Associazione Italiana donne per lo sviluppo e Network italiano salute globale vogliono portare sotto i riflettori, aprendo delle porte sul mondo e su quello che significa pensare nuovi approcci a diritto alla salute, per esempio in una Paese come la Costa d’Avorio.
“Quando parliamo di salute – ha detto ad askanews Meganne Boho, Presidente della Ivorian League for Women’s Rights – noi parliamo del corpo. E, nel mio contesto, il corpo di una donna appartiene a chiunque tranne che a lei stessa. Quindi se si vuole migliorare la salute, specialmente per le donne della mia comunità, bisogna lavorare con le istituzioni e con la società civile sull’autonomia del corpo e anche sulla violenza di genere”.
Come si vede la questione non è strettamente sanitaria, ma è anche politica, riguarda i diritti delle persone, la loro vita. E questo vale in maniera ancora più significativa nei Paesi del Sud del mondo, come il Kenya. “La salute – ci ha detto Anthony Kiplagat, coordinatore dei programmi sull’Aids della Contea di Nairobi – è un aspetto molto importante nella vita di ciascuno e per essere in grado di migliorarla occorre lavorare insieme. Non è solo un obiettivo dei governi, ma riguarda tutti, la società civile, le agenzie dei donatori: dobbiamo sederci a un tavolo insieme, pianificare insieme, affrontare i problemi e poi arrivare insieme a delle soluzioni. Sappiamo di avere il supporto del Nord del mondo, ma ce ne serve ancora di più per poter consolidare i risultati che abbiamo ottenuto”.
Risultati che devono fare i conti con le continue evoluzioni anche delle sfide sanitarie, in un mondo interconnesso a più livelli e sempre più fragile sul piano ambientale. In questo senso si lavora per diffondere l’approccio integrato della One Health.
“Quello che la One Health ci dice – ci ha spiegato Simona Seravesi, esperta di One Health, Ufficio Europa dell’OMS – è che non basta lavorare in silos, cioè anche i medici devono cominciare ad avere una visione più ampia, perché comunque ci sono una serie di malattie, le malattie zoonotiche, ma anche quelle portate dai vettori, la resistenza antimicrobica, tutte le malattie che adesso derivano anche dal cambiamento climatico, dalla perdita di biodiversità, dal consumo del suolo. Abbiamo ormai dei dati che confermano quanto questi fattori per così dire esterni, influenzino la salute umana, ma anche il pianeta e anche gli animali. Per cui da lì nasce la grande questione: come dobbiamo fare da adesso in poi”.
E una risposta in questo senso può essere proprio un rilancio del tema della cooperazione sanitaria internazionale, che al momento appare marginalizzata, anche nel Piano Mattei del governo italiano per l’Africa. Un cambio di linea per Aidos e Network italiano salute globale rappresenterebbe una presa di coscienza di come allargando il campo e superando gli steccati si possa arrivare a non lasciare indietro nessuno.