Venezia, 29 ago. (askanews) – “Riefenstahl” di Andres Veiel film presentato fuori concorso alla 81^ Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia getta una nuova luce sul lavoro e sulla vita di Leni Riefenstahl, colei che costruì l’estetica del Reich Millenario filmando le scenografie delle parate hitleriane. Il film di Veiel rivela quanto la Riefenstahl fosse coinvolta nel regime più di quanto lei avesse mai ammesso. La sua ossessione per la bellezza trasuda da ogni immagine, anche da quelle che girerà in Africa, nella sua seconda vita.
Leni Riefenstahl è considerata una delle figure più controverse del XX secolo. I suoi film Triumph des Willens (Il trionfo della volontà) e Olympia sono un’epitome del culto del corpo – ritratto in pose perfette – e una celebrazione della superiorità e della vittoria. Allo stesso tempo, queste immagini trasudano disprezzo per il debole e per l’imperfetto. Il film esplora quest’interrogativo attraverso documenti provenienti dal fondo Riefenstahl, tra cui filmati privati, foto, lettere e registrazioni. Rivela frammenti della sua biografia e li colloca in un contesto storico più ampio. Com’è riuscita a diventare la regista ufficiale del Reich pur negando ostinatamente qualsiasi legame stretto con Hitler e Goebbels? Nei documenti personali si lamenta dei suoi “ideali assassinati”.
Il regista ha spiegato di avere lavorato moltissimo sullo studio dell’archivio: “Era il 2018 quando ho iniziato a investigare sull’archivio della Riefenstahl, centinaia di scatoloni con appunti e immagini. Ho voluto cercare un punto di vista personale della sua biografia per comprendere il presente, abbiamo trovato molte informazioni che ci hanno parlato della sua estetica e della sua ideologia, tutto quello che abbiamo trovato amplificava il personaggio che voleva seguire l’ideologia fascista. E’ fuggita in Africa perché lì nessuno le avrebbe chiesto qualcosa del suo passato. Nelle sue immagini non si vedono anziani, non c’è malattia o vecchia ma sempre la celebrazione della gioventù e della bellezza, una sorta di continuità, lei pensava di fare qualcosa di nuovo ma in realtà si ripeteva”.
Riefenstahl era una straordinaria fotografa e montatrice ma “era una pessima sceneggiatrice – prosegue Veiel. Esaltava l’eroismo ma significava guardare dall’alto al passo i deboli, la malattia, pensiamo a quante persone sono state umiliate e uccise e questo era parte della sua propaganda. Sono emerse tutte le fake news che la riguardavano, lei ha sempre negato di essere parte del regime. Per me è stato un viaggio negli inferi molti dei filmati che abbiamo trovato hanno smantellato tutto quello che diceva di non essere mai stata presente ai massacri mentre in realtà era molto più coinvolta di quanto si pensasse. Abbiamo anche visto da che famiglia venisse e la violenza del padre che quindi ha fatto sì che lei crescesse in un certo modo. E’ stato un viaggio molto lungo durato 18 mesi”.
“Oggi come allora, i mondi visivi di Leni Riefenstahl sono definiti dal trionfo – prosegue il regista – trionfo sul dubbio, sull’ambivalenza, sulla presunta debolezza e sull’imperfezione. Nel contesto odierno, un film su di lei è diventato per me una necessità urgente. Il suo considerevole ascendente, reinterpretato attraverso la lente del suo fondo privato, offre l’opportunità di riesaminare il continuo fascino della grandezza imperiale e la glorificazione di corpi muscolosi, perfetti e vittoriosi in cui la sofferenza, la vecchiaia e la debolezza non trovano mai cittadinanza”.