Roma, 27 giu. (askanews) – Condanna da 106 mila euro per Roma Capitale che dovrà risarcire un’associazione antiusura sgomberata nel 2016 da un immobile comunale in concessione in zona San Giovanni. Il tribunale ordinario, nel dispositivo, segnala che l’associazione aveva ricevuto dal Comune un immobile fatiscente e lo aveva riconsegnato all’amministrazione con valore di circa 137mila euro di migliorie effettuate e il pagamento regolare del canone pattuito.
Nel provvedimento di assegnazione provvisoria del bene prodotto dall’amministrazione capitolina nel 2010 “era stato rappresentato che questa sarebbe divenuta inefficace se non seguita dal provvedimento di assegnazione definitiva entro un termine determinato (pari a 120 giorni) e che detto provvedimento non è stato mai adottato”, rileva la sentenza, che segnala anche che “negli anni successivi al 2010 l’amministrazione capitolina ha svolto attività non compatibili con la volontà di ritenere l’assegnazione inefficace ma, al contrario, del tutto compatibili con la volontà di assegnare il bene in via definitiva”.
“Alla fine avevamo ragione noi – è il commento della rete di associazioni Caio, la maggior parte delle quali vanta con l’amministrazione capitolina un contenzioso altrettanto annoso -. Oggi è arrivata l’ennesima condanna per Roma Capitale che dovrà risarcire un’associazione sgomberata a seguito della delibera 140 del 2015. Orbene, questa associazione dovrà essere risarcita di tutte le spese, che superano gli 100.00,00, effettuate per rendere agibile l’immobile da cui è stata poi sgomberata”.
“Abbiamo perso il conto di quanti sgomberi di questo tipo sono stati eseguiti a Roma negli anni successi alla delibera 140 (che regolava fino allo scorso anno l’affidamento degli immobili capitolini, ndr.) ed è tutto ancora più surreale se si pensa che questa amministrazione, si pone ancora sul solco della delibera votata dall’amministrazione Marino, e non vuole riconoscere le spese effettuate per rendere agibili i nostri spazi sociali. Un’amministrazione che per giunta ci mette al bando e ci chiede maggiorazioni dei canoni di concessione proprio per effetto dei lavori da noi effettuati”.
“Non ci fermeremo fino a quando non avremo vinto”, conclude la rete associativa romana.