Milano, 19 giu. (askanews) – Sette prodotti agricoli su 10 del nostro Paese vengono acquistati e trasformati da Unione italiana food. Lo rivela l’associazione che, in occasione dell’assemblea annuale, nel suo Rapporto racconta lo stato di salute delle 530 aziende associate. Un comparto che dà lavoro a 100mila persone e sostiene l’agricoltura italiana, rappresentando oltre 20 settori merceologici e 900 marchi del made in italy, dalla pasta ai dolci (inclusi quelli natalizi e pasquali), passando per gelato, cioccolato, caffè, pomodoro da industria, surgelati, sottoli e sottaceti, verdure e minestre pronte.
In un anno difficile come il 2023, caratterizzato dal rally dei prezzi delle materie prime e dall’inflazione, l’industria alimentare rappresentata da Unionfood ha registrato un fatturato pari a 56 miliardi, il 10% in più dell’anno prima, e gli investimenti in ricerca e sviluppo hanno sfiorato i 3 miliardi di euro.
Sul fronte dell’export, il rapporto annuale mostra come ogni 10 prodotti alimentari italiani consumati nel mondo, quattro provengano da Unione italiana food. Con un valore di 21 miliardi di euro, le esportazioni pesano il 38% sul fatturato 2023 dell’associazione, un risultato nettamente superiore alla media dell’industria alimentare italiana (27%). Nel 2023 i comparti che hanno registrato i migliori risultati sui mercati esteri sono stati il dolciario (+9%, in particolare le caramelle), i prodotti vegetali (+8%) e il caffè (+6%).
Più in generale, scorrendo il rapporto di Unione italiana food, i prodotti più performanti, con un incremento medio del 13% a valore, sono stati le conserve di frutta, di pomodori e funghi, zuppe e minestre, salse e sughi pronti, preparati per la panificazione e pasta gluten free. In valori assoluti, il primo comparto rimane il dolciario, con un valore di 18 miliardi di euro. Seguono pasta con 8,1 miliardi, i surgelati con 5,8 miliardi e i prodotti vegetali, che valgono 5 miliardi di euro e comprendono, tra gli altri, marmellate e succhi di frutta, sottoli, sottaceti e verdure pronte.
I prodotti “tradizionali” (pasta classica, lievitati da ricorrenza, cioccolato, tè e infusi, ecc.) restano una “fetta” significativa, circa il 50%, sul fatturato totale, mentre il “tradizionale evoluto” (caffè in cialde, surgelati, verdure pronte, sughi e piatti pronti, nuovi prodotti dolciari, ecc…) rappresenta ormai il 30% a valore. E pesano il 20% i “prodotti innovativi”, cibi e bevande dall’alto valore aggiunto che soddisfano le richieste di consumatori sempre più esigenti per quanto riguarda la conservazione e la preparazione dei piatti, gli aspetti nutrizionali e salutistici (cibi light, integratori alimentari, prodotti per particolari categorie come celiaci, diabetici, ecc.).
“I nostri associati sono grandi aziende centenarie che portano il nostro Made in Italy nel mondo, imprese globali che operano in Italia e tante PMI familiari. Abbiamo scelto una casa comune, consapevoli delle differenze ma anche di quello che ci accomuna in termini di valori, pensiero imprenditoriale, rispetto per il consumatore – afferma Paolo Barilla, presidente di Unione italiana food – Il governo ci sta sostenendo nel nostro percorso e siamo sicuri che continuerà a farlo per il futuro. Abbiamo bisogno delle istituzioni per essere sempre più efficaci nell’utilizzo delle risorse disponibili e creare valore per tutta la filiera italiana”.