Roma, 15 giu. (askanews) – Cento delegazioni, tra cui 57 capi di Stato e di governo, convergono oggi e domani alla conferenza di alto livello sulla pace in Ucraina che la Svizzera organizza per “ispirare un futuro processo di pace e sviluppare elementi pratici e passi verso tale processo”: questo il dichiarato obiettivo sintetizzato dal ministero degli Esteri svizzero dopo molto lavoro diplomatico per massimizzare la partecipazione, malgrado l’assenza della Federazione Russa e della Cina, e dopo non poche polemiche, anche interne alla Confederazione elvetica.
Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky è arrivato ieri, direttamente dal G7 in Puglia, dove ieri ha incontrato Papa Francesco, con cui ha discusso – ha detto il presidente ucraino – cosa significa per Kiev “pace giusta”. Ieri Vladimir Putin ha fatto irruzione sulla scena mondiale rilanciando le sue condizioni per un cessate il fuoco, che Zelensky ha bollato come “ultimatum” inaccettabile e segnale di un rinascente “nazismo”. La proposta-monito russa non a caso è arrivata alla vigilia dell’incontro in Svizzera, definito dal presidente russo “un trucco per distogliere l’attenzione” generale. Per il capo del Cremlino l’Ucraina deve ritirare le sue truppe dai territori ucraini dichiarati annessi (Luhansk, Donetsk, Kherson e Zaporizhzhya) e deve ufficializzare la rinuncia ad aderire alla Nato: a quel punto sarebbe cessate il fuoco immediato. Proposta immediatamente respinta, e non poteva essere altrimenti.
La due giorni nel nome di una pace che a 28 mesi dall’inizio dell’invasione russa dell’Ucraina appare dunque lontana si terrà nell’hotel Burgenstock, lussuoso complesso sul crinale di una montagna affacciata sul lago di Lucerna, frequentato in passato e anche oggi da celebrità e pesi massimi della politica. La Svizzera ha invitato 160 delegazioni e ieri ha riferito che saranno 100 quelle che parteciperanno ai lavori. Oltre agli Stati, sono stati invitati anche l’Unione Europea, le Nazioni Unite, l’Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa (Osce), il Consiglio d’Europa, il Vaticano e il Patriarcato Ecumenico di Costantinopoli.
Metà delle adesioni provengono dall’Europa, compresi il cancelliere tedesco Olaf Scholz e il presidente francese Emmanuel Macron, freschi di batoste elettorali che non rafforzano le loro posizioni e neppure quelle di Zelensky. L’Italia sarà rappresentata dal vicepremier e ministro degli Esteri Antonio Tajani.
Per gli Stati Uniti ci sarà la vicepresidente Kamala Harris: il presidente Joe Biden è volato a casa dal vertice in Puglia. Cina e Brasile hanno rifiutato di partecipare. Senza la Russia, un incontro del genere non ha senso, sostengono. Altri Paesi, soprattutto del Sud globale, non si sono iscritti per lo stesso motivo o non saranno rappresentati ai massimi livelli. L’India sarà presente con una “delegazione di alto livello”, secondo quanto riferito da Zelensky dopo aver incontrato il premier Narendra Modi a margine del G7.
Nell’idea iniziale, al centro della riunione doveva esserci il piano di pace in 10 punti del presidente ucraino. Tuttavia, il quadro sul terreno e le posizioni non monolitiche degli invitati a partecipare hanno consigliato di limitare il programma, incardinato su quattro punti: la sicurezza alimentare (l’esportazione di prodotti agricoli dall’Ucraina), la sicurezza nucleare (in particolare le centrali nucleari ucraine, Zaporizhzhia in primis) e lo scambio di prigionieri di guerra e deportati. Zelensky ha proposto l’anno scorso di convocare una conferenza con la partecipazione del maggior numero possibile di Paesi, al fine di aumentare la pressione diplomatica sulla Russia. La richiesta principale del presidente ucraino è il ritiro delle truppe russe dall’intero territorio del suo Paese, compresa la Crimea – una posizione a cui non rinuncia, ma che non dovrebbe figurare nel documento finale e in sostanza neppure nei colloqui oggi e domani.
La Svizzera dopo l’invasione russa dell’Ucraina si è trovata sotto pressione per agire e forzare le sue storiche posizioni di neutralità. Ha accettato di aderire alle sanzioni internazionali e fornisce aiuti umanitari con priorità allo sminamento umanitario, tuttavia non sono mancate le critiche e neppure le polemiche interne.
La Federazione russa, che comunque Zelensky non voleva alla Conferenza, ha da subito messo in chiaro l’ostilità per l’iniziativa. Il governo svizzero ha discusso se inviare comunque un invito, ma alla fine si è astenuto, temendo che venisse percepito come una provocazione dopo il chiaro rifiuto di Mosca. D’altronde, se il Cremlino continua a segnalare una teorica disponibilità a trattare, la situazione al fronte e le posizioni russe – irricevibili per le autorità ucraine e per quasi tutti i Paesi alleati anche sull’aspetto territoriale – svuotano le avances russe, a cui si aggiungono indirette minacce di arrivare all’uso dell’arma nucleare se i Paesi Nato saranno più attivamente coinvolti.
Secondo le previsioni degli organizzatori, la conferenza potrebbe concludersi con un documento finale che incorpori il maggior numero possibile di punti dell’Ucraina. Un passo intermedio nell’agenda diplomatica internazionale che ispiri una futura conferenza, alla quale sarebbero invitati altri Stati e anche la Russia.