Roma, 30 apr. – Benvenuti a una nuova puntata di Ask@news EU Verified Series. L’ospite di oggi è l’europarlamentare Nicola Procaccini Co-Presidente del Gruppo Conservatori e Riformisti europei (ECR) e dal 2022 membro della Commissione ENVI.
Buongiorno Onorevole Procaccini e grazie di essere qui con noi oggi
D. Partiamo dalla prima domanda sulla legislatura, ormai al termine. Facendo un bilancio di questi cinque anni, quali sono gli obiettivi più significativi, o di cui è più orgoglioso, che ha raggiunto?
R. Diciamo forse è proprio la fine, perché la verità è che questa legislatura si può dividere nei primi quattro anni e nove mesi, più o meno disastrosi, e negli ultimi tre mesi, invece, più che dignitosi. Perché quattro anni e nove mesi, e perché soltanto tre mesi, diciamo, nella giusta direzione? Io credo proprio per l’approssimarsi delle elezioni europee. E quindi in qualche modo ci si è resi conto che tutte le politiche che sono state intraprese nei quattro anni e nove mesi prima, avevano ingenerato un tale malcontento nell’opinione pubblica che si è cercato negli ultimi tre mesi di dare una sterzata al fine proprio di ingraziarsi l’opinione pubblica, quando ormai le elezioni sono alle porte. Ovviamente è una scelta piuttosto evidente, meglio tardi che mai. E quindi ecco che, per esempio, vediamo che sul Green Deal e in generale sul fanatismo del Green Deal, c’è una frenata in particolare su questo violento attacco che è stato mosso non solo agli agricoltori ma anche agli allevatori, ai pescatori, a tutti coloro che nella natura ci vivono e ci lavorano magari da secoli. E quindi ecco la virata, per esempio, sulla PAC, in cui sostanzialmente si dice abbiamo sbagliato tutto, dobbiamo correre ai ripari. Oppure la virata sul sull’immigrazione: noi abbiamo vissuto anni e anni in cui era impossibile dialogare perché c’era un tale pregiudizio nei confronti delle nostre posizioni che non ci veniva neanche data la possibilità di poterci esprimere. E sono anni in cui la Carola Rachete veniva osannata con standing ovation e in cui Luca Casarini veniva addirittura premiato il 9 maggio nella giornata dell’Europa come una sorta di nuovo padre fondatore. E poi ecco, negli ultimi tre mesi, improvvisamente c’è una sterzata. Il nuovo patto sulla migrazione presenta molte delle cose che noi abbiamo sempre chiesto, detto e sostenuto. Senza entrare nel merito, diciamo che, finalmente , si è riconosciuto che serve una maggiore fermezza nel contrasto all’immigrazione illegale, che serve una maggiore lucidità nel governare l’immigrazione legale, che per questo le ONG non sono la soluzione del problema, ma sono parte del problema. E, insomma, ecco questo nuovo patto sulla immigrazione diciamo se non ci ha soddisfatto completamente però, di sicuro, rispetto a una buona parte di questa legislatura, si tratta di un passo in avanti nella giusta direzione.
D. Guardando più nello specifico al discorso del Green Deal, alla luce di questa “sterzata” di cui parlava, secondo lei che margini ci sono per modificare altri punti, oltre quelli sull’agricoltura. Ad esempio, per quanto riguarda il discorso delle emissioni delle auto e, in generale, di un approccio meno ideologico e più realistico alla questione ambientale.
R. Chiaramente in questo fine legislatura ormai ci rimane soltanto una plenaria a Strasburgo la prossima settimana (mercoledì 17/04/2024). Peraltro sarà una plenaria in cui verrà trattato proprio uno dei file più violentemente ideologici e più dannosi anche per la sostenibilità. Mi riferisco alla Direttiva sul Regolamento sugli imballaggi, che sostanzialmente avrebbe fatto strage dell’economia circolare così come l’abbiamo voluta, difesa, sviluppata, quindi tutto il discorso dell’industria del riciclo, e della differenziazione dei rifiuti. Questa è una delle sterzate che sono state date negli ultimi mesi perché, per anni, è stata appunto impregnata di questo fanatismo. Negli ultimi mesi, siamo riusciti a collocarla su un binario certamente più di buon senso. Però, tranne questa direttiva sugli imballaggi, tutto il resto è rimandato alla prossima legislatura. Io sono piuttosto convinto che ci sarà un pochino più di equilibrio nel prendere in considerazione da un lato, come è giusto che sia, la tutela ambientale, ma dall’altro lato anche la sostenibilità economica, sociale e geopolitica. Tutti elementi che devono essere combinati insieme. Io sono rimasto sconvolto dal fatto che anche nel congresso dei Verdi europei, i Verdi tedeschi, si sono lamentati del fatto che ci sia stato un eccesso green nella legislazione europea e che i target che sono stati imposti, sono target dannosi e irreali. Se lo dicono i Verdi c’è qualcosa di, come dire, straniante, di distopico. E questo mi fa essere ottimista sul fatto che nella prossima legislatura certamente non tutto si potrà rivedere, però almeno le follie più eclatanti, quelle, magari, ci si potrà metter mano.
D. Un altro tema di cui lei è stato anche Relatore ombra è quello della direttiva sulle Case Green. l’Italia in Consiglio ha votato contro questa normativa. Qual è il suo giudizio sulla normativa e come valuta in generale la volontà della Commissione europea di regolamentare in questo modo aspetti di grande impatto per i cittadini italiani e per la nostra economia?
R. Le Case Green sono emblematiche di un approccio dirigista che ha caratterizzato la Commissione europea. Un approccio impositivo, a me verrebbe da dire anche dal sapore un po’ retrò, di socialismo. Si impone ai cittadini perché ovviamente si impone alle nazioni ma questo significa imporre ai cittadini, degli oneri e dei costi che non sono sostenibili, perché guardando al patrimonio edilizio italiano che è un patrimonio antecedente al 1980/70 e quindi chiaramente realizzato con criteri che non sono quelli degli ultimi anni. Ecco immaginare di restaurare oltre 5 milioni di edifici privati e oltre mezzo milione di edifici pubblici rendendoli più performanti sul piano energetico, è irreale. Lo abbiamo visto con il Superbonus: per ristrutturare meno del 10% delle case che si dovrebbero restaurare con la direttiva sulle Case Green, abbiamo speso qualcosa come 200 miliardi di euro che graveranno per anni e anni anche sulle prossime generazioni di italiani. Quindi torniamo al discorso per cui è giusto porsi degli obiettivi ambiziosi in termini di sostenibilità ambientale, però devono essere obiettivi sensati.
D. Un altro tema che ci interessava affrontare è quello della salute, che è diventato centrale soprattutto dopo la pandemia Covid. In generale abbiamo visto sia nel Cancer Plan che nel Farm to Fork un’avversione verso alcuni prodotti come carni rosse, alcol, vino, tabacco e prodotti di nuova generazione alternativi al tabacco, sui quali c’è un grande dibattito. Tuttavia, nell’Ncd Report vi è stato il riconoscimento del ruolo centrale delle politiche di riduzione del rischio e del danno. Fratelli d’Italia si è battuta per la tutela del diritto della scelta dei consumatori. Lei crede che durante la prossima legislatura manterrà questa posizione, cercando delle soluzioni regolatorie che vadano a mitigare delle scelte che possono sembrare, in alcuni casi, puramente ideologiche?
R. Spero proprio di sì perché poi alla fine la matrice ideologica è la stessa. È una matrice impositiva, vagamente socialista, in cui nessuno è libero di scegliere, ma è in qualche modo il partito, in questo caso l’istituzione statale, pubblica che ti impone delle scelte. Scelte che peraltro sono anche incolte, nel senso che, soprattutto sul piano dell’alimentazione, diciamo che noi italiani non abbiamo molto da imparare sul piano dell’alimentazione. Ovvero abbiamo imparato, attraverso un’esperienza ultra-millenaria, che l’alimentazione è parte decisiva per la salute delle persone. E abbiamo imparato che l’alimentazione deve essere diversificata, che i principi nutritivi devono essere diversificati. Nella imposizione che arriva da Bruxelles si adotta un presupposto altro. Ed è un presupposto diciamo da algoritmo che per sostenere una tesi di natura ideologica, poi finisce per deragliare verso una soluzione che rischia di essere dannosa per la salute. Uno dei casi tipici è quello del Nutri Score che sarebbe questa etichettatura che si vuole mettere sui prodotti che, sostanzialmente, limitandosi all’algoritmo su zuccheri, carboidrati, eccetera, stabilisce, per esempio, che il massimo della salute sono le patatine fritte, mentre invece Dio ci scampi dall’olio d’oliva o dal parmigiano o dal formaggio. È, come dicevo, una deriva che noi abbiamo contrastato in questa legislatura e che, a maggior ragione, contrasteremo nella prossima. È una deriva che peraltro poi passa attraverso altre soluzioni, come la questione della carne sintetica. Io penso che poi alla fine il problema resti sempre lo stesso. E cioè che l’Unione Europea non dovrebbe, secondo noi, occuparsi di questo. Dal nostro punto di vista l’Unione europea dovrebbe fare poche cose serie e grandi, non occuparsi di ogni ambito dell’esistenza dei cittadini europei, pretendendo di condizionarne ogni scelta, ogni abitudine, ogni vicenda. Noi pensiamo che l’Unione europea abbia senso se lascia agli Stati la competenza, come peraltro già c’è, sulla salute e sull’alimentazione e sulle spiagge, e, invece, si dedicasse alla politica estera, alla difesa comune, alla protezione dei confini europei. Questo è il nostro modello di Unione europea e, certamente, non è quello che è prevalso negli ultimi anni.
D. Un altro aspetto che viene tenuto apparentemente poco in considerazione è quello dell’opinione pubblica e dei consumatori. Tornando al discorso nello specifico del tabacco, c’è stata una consultazione pubblica relativa alla Direttiva sul tabacco che ha ricevuto ben 18.000 sottoscrizioni. La consultazione ha rivelato che la maggior parte dei consumatori sarebbe favorevole all’introduzione di nuove categorie di prodotti per ridurre il rischio e le dipendenze e aiutare a smettere di fumare. Però le dichiarazioni della Commissione europea sembrano andare in direzione opposta. Chi sarà in grado di dar voce ai consumatori in Europa e far sì che la loro opinione venga presa in considerazione?
R. Naturalmente dovrebbero farlo i parlamentari. Io sono d’accordo con questa affermazione. Io temo che ovviamente ci sia anche l’influenza di alcune lobby che, in qualche modo, poi condizionano di nuovo la libertà di scelta dei consumatori. Nel caso, per esempio, del tabacco dove non c’è combustione, è chiaro che sono prodotti che si stanno affermando sul mercato perché evidentemente la gente pensa, e anche con una buona ragione, che possano essere un’alternativa alle sigarette, ma con minori danni per la salute. Per quanto ci riguarda, parlo come Conservatori europei oltre che come Fratelli d’Italia, il nostro obiettivo resta quello della libertà di scelta, ovviamente correttamente informata, perché è chiaro che poi si deve essere anche correttamente informati. Però libertà di scelta e giusta informazione sono i binari su cui dovrebbe muoversi la legislazione europea che verrà.
D. Il fatto che la Commissione europea abbia svolto un ruolo un po’ accentratore su questi temi rispetto al ruolo che potrebbero avere i singoli Stati in base al principio di sussidiarietà, che impatto ha avuto e che margini ci sono per intervenire?
R. Come dicevo prima, in questi anni è stato calpestato il principio di sussidiarietà, è stato paradossalmente capovolto. L’Unione Europea dovrebbe intervenire là dove le nazioni non sono in grado di intervenire da sole. Viceversa, invece, è stato un po’ capovolto e questo è il tentativo di strappare competenze alle nazioni per farle confluire, diciamo, nel portafoglio di competenze dell’Unione Europea. È una forzatura dell’idea originale di Unione Europea, che spesso si definisce come Stati Uniti d’Europa, che altro non è che un modello federalista che riduce le nazioni a enti territoriali, enti amministrativi. Noi pensiamo che invece l’Unione Europea nasce come sistema confederale, come alleanza di nazioni libere e sovrane che fanno poche cose insieme, quelle che da sole non sarebbero in grado di fare al meglio.
D. Tornando al discorso del Green Deal uno dei temi più controversi è quello delle riduzioni delle emissioni e dello stop al termico nel 2035. In questo caso la Commissione e l’Unione Europea hanno scelto di non ascoltare o di ascoltare in maniera parziale quella che è la richiesta di tutta l’industria auto, ossia di avere un approccio neutro dal punto di vista tecnologico, introducendo altre alimentazioni che possono contribuire a ridurre le emissioni. Secondo lei, ci sarà spazio per rivedere alcune misure? Nel 2026 dovrebbe esserci un aggiornamento degli obiettivi da raggiungere nell’ambito della riduzione delle emissioni. Secondo lei si riuscirà a fare qualcosa?
R. Di sicuro noi ci proveremo. Proprio perché ha toccato un principio che per noi dovrebbe essere un principio cardine della legislazione europea: quello della neutralità tecnologica. Cioè vuol dire condividere l’obiettivo, ma lasciare poi ad ogni Stato di perseguirlo attraverso la soluzione tecnologica più confacente alla propria specificità. L’esempio classico che viene fatto è quello dei biocarburanti. I biocarburanti sono un’alimentazione bio, per l’appunto, sostenibile dal punto di vista ambientale, ma che non pregiudica il motore a combustione termica. Incredibilmente si dice che no, questo non va bene, che i biocarburanti non hanno diritto di esistere e bisogna abolire la combustione termica a favore di quella elettrica, disinteressandosi anche degli aspetti terribilmente dannosi per l’ambiente della corsa all’elettrico. Perché la corsa elettrica naturalmente ha bisogno anche delle batterie. E la devastazione ambientale causata dall’estrazione delle materie prime necessarie e funzionali alla transizione verso l’elettrico stranamente non viene presa in considerazione. Soprattutto da quelli che si professano ambientalisti. Quindi c’è da un lato un problema di natura ambientale, dall’altro un problema di sostenibilità economica e sociale, perché naturalmente poi i cittadini devono essere anche nelle condizioni, torniamo a quello che dicevamo sulle Case Green, di poter scegliere la soluzione migliore per la propria economia domestica. E poi c’è anche un problema di natura geopolitica, di sovranità delle fonti energetiche. Perché anche su questo abbiamo scoperto, purtroppo improvvisamente e ci siamo fatti trovare gravemente impreparati, che essere proprietari delle proprie fonti energetiche al 100% è chiaramente un’utopia. Però una buona percentuale penso sia un obiettivo assolutamente da raggiungere per l’intera Unione Europea.
D. Questa è la posizione che accomuna ECR e PPE come principio. Peraltro, due forze che in Italia governano insieme. Secondo lei è possibile che nella prossima legislatura ci sia un rapporto più stretto fra ECR e PPE e che possano far parte di una maggioranza comune?
R. Diciamo subito una cosa che le maggioranze al Parlamento europeo, sono diverse dalle maggioranze dei Parlamenti nazionali, perché sono estremamente variabili. Sostanzialmente c’è una maggioranza per ogni votazione. Ovviamente c’è il voto sulla ratifica del Presidente della Commissione, che è probabilmente il voto più politico della legislatura, in cui vediamo come saranno le combinazioni, sapendo già che comunque anche il Presidente della Commissione è espresso dai Governi nazionali, cioè dal Consiglio europeo. Quindi è qualcosa che esula, diciamo, dalla normale dinamica parlamentare europea. Io sono quasi sicuro che il punto di equilibrio della prossima legislatura si sposterà più a destra. E, quindi, sono piuttosto sicuro che ci sarà la possibilità di formare maggioranze più spostate a destra più frequentemente di quanto non sia accaduto negli ultimi anni. Certamente ECR e PPE avranno, secondo me, un ruolo decisivo in questo. Io credo anche diverse delegazioni, sia per quanto riguarda Identità e Democrazia, che è il gruppo sostanzialmente in cui c’è la Lega, sia nel gruppo di Renew Europe dove ci sono i gruppi di Renzi e Calenda, io credo che su molte materie questa maggioranza, che già si è manifestata sia nella critica più recente alla transizione green sia per quanto riguarda il nuovo patto sulla migrazione, io credo che questa maggioranza sarà sicuramente più frequente, più performante di quanto non sia accaduto in questa legislatura, dove ripeto comunque si è spesso verificata soprattutto negli ultimi mesi.
D. Ultima domanda. Qual è un obiettivo che si pone per la prossima legislatura, che intende portare avanti e a cui tiene?
R. Ma paradossalmente é la difesa dei trattati europei, nel senso che c’è questo tentativo in essere di spogliare le nazioni delle loro competenze per consegnarle all’Unione Europea che tradisce il motivo per cui è nata l’Unione Europea. Tradisce il Trattato di Roma con cui nasce la Comunità Europea. Noi difendiamo strenuamente il modello confederale e quindi quello sarà, non soltanto in questa campagna elettorale, l’indicazione che chiediamo ai cittadini italiani ed europei. Ma sarà nella prossima legislatura il nostro obiettivo numero uno, ovvero difendere l’idea originale di Unione europea, difendere l’idea di un’alleanza di nazioni libere e sovrane che fanno poche cose, ma importanti e contrastare gli Stati Uniti d’Europa che fa molto Hollywood ma che sostanzialmente cancella le nazioni. Ora l’Italia, la Francia, la Spagna, la Grecia non sono l’Iowa o l’Alabama, non sono né il Canton Ticino, né la Bavaria. Sono delle nazioni, non sono delle regioni. E noi vogliamo che rimangano tali e difenderemo il concetto di nazione all’interno di un’alleanza europea.