Roma, 12 apr. (askanews) – Un doppio trapianto fegato-rene nella stessa giornata per due fratelli gemelli di 16 anni affetti da una rara malattia metabolica: un complesso intervento eseguito al Bambino Gesù grazie a un donatore compatibile e alla generosità della sua famiglia. Oggi i ragazzi, che erano costretti a un severo regime alimentare per contrastare i gravi effetti della loro malattia (acidemia metilmalonica), festeggiano un anno dal trapianto con una qualità di vita più simile a quella dei loro amici e compagni di scuola, potendosi anche concedere il gusto di una pizza da loro stessi cucinata nell’Istituto alberghiero che frequentano. Alla vigilia della Giornata nazionale per la donazione di organi e tessuti (14 aprile) la loro storia è un incoraggiamento per tutte le famiglie che attraversano difficoltà simili.
L’acidemia metilmalonica è una malattia rara che colpisce circa 2 persone ogni 100.000. Nel corpo dei pazienti si verifica un progressivo accumulo di acido metilmalonico, una sostanza altamente tossica ed estremamente nociva per vari organi e apparati quali il sistema nervoso, i reni, gli occhi e il pancreas. Fin dai primi giorni di vita i pazienti vanno incontro a crisi di intossicazione metabolica, responsabili di disturbi neurologici, deficit neurocognitivo, ritardo di crescita e insufficienza renale. «Fino a pochi anni fa – spiega Carlo Dionisi Vici, responsabile di Malattie metaboliche ed Epatologia del Bambino Gesù – le uniche cure disponibili per questa malattia erano basate su un regime alimentare molto restrittivo a basso contenuto di proteine, i “precursori” dell’acido metilmalonico, che andava mantenuto per tutta la vita». Nonostante la dieta, che ha un impatto rilevante sulla qualità della vita, i pazienti rimangono comunque a rischio per le crisi di scompenso metabolico e per lo sviluppo di gravi complicanze legate alla malattia. «Nel corso degli anni – prosegue Dionisi Vici – una risposta a questi oggettivi limiti della dietoterapia è venuta dal trapianto d’organo: oggi sempre più spesso si ricorre al trapianto di fegato o al trapianto combinato fegato-rene per migliorare la prognosi dei pazienti con acidemia metilmalonica, per ridurre il rischio di complicanze e migliorare la qualità di vita».
I due fratelli gemelli arrivano al Bambino Gesù per essere sottoposti a trapianto nel gennaio 2021, indirizzati dai medici curanti dell’Ospedale Giovanni XXIII di Bari. La loro storia è caratterizzata fin dai primi mesi di vita da frequenti e prolungati ricoveri in ospedale per episodi di scompenso metabolico e, nel corso degli ultimi anni, da una progressiva insufficienza renale. Nell’Ospedale della Santa Sede hanno iniziato il percorso per essere avviati al trapianto combinato di fegato e rene. Entrambi i ragazzi sono stati seguiti dal punto di vista clinico e sostenuti sul profilo emotivo-psicologico da un’equipe multidisciplinare dedicata. Mentre erano in lista d’attesa per il trapianto, nel marzo 2023 la condizione clinica di entrambi è entrata in una fase critica e delicata, caratterizzata da un rapido peggioramento clinico, neurologico, cognitivo e con la necessità di iniziare la dialisi per curare l’insufficienza renale. Per loro fortuna, pochi giorni dopo avere registrato queste criticità, è arrivata la segnalazione di un donatore compatibile e grazie alla generosità della famiglia che ha donato gli organi, è stato effettuato, nella stessa giornata nei due fratelli, un doppio trapianto fegato-rene. «Il simultaneo trapianto di fegato e rene nei due gemelli, realizzato da un unico donatore deceduto, è stato possibile grazie all’applicazione di una complessa tecnica di divisione del fegato, diversa da quella più spesso utilizzata, e all’impiego dei sistemi di perfusione extracorporea degli organi destinati a trapianto – spiega Marco Spada, responsabile del Programma di Trapianto di Fegato del Bambino Gesù -. Il nostro ospedale possiede un’eccezionale somma di competenze specialistiche e sanitarie e utilizza tutte le tecniche di trapianto da donatore deceduto e da donatore vivente per trapiantare con successo, come nel caso dei due gemelli, tutti i pazienti in lista di attesa, anche quei casi molto complessi che non trovano possibilità di cura altrove. La difficoltà dei trapianti non è solo chirurgica e medica, ma anche organizzativa. In tal senso, la rete trapianti italiana, gestita dai coordinamenti regionali e dal Centro Nazionale Trapianti, è un esempio di efficace integrazione tra regioni e territorio nazionale».
A un anno dal trapianto i due fratelli hanno potuto per la prima volta iniziare una vita più simile a quella dei loro compagni ed amici: frequentano le lezioni scolastiche del 2° anno dell’Istituto alberghiero, partecipano attivamente ad eventi sociali e fanno progetti per il futuro. Il sogno di uno dei gemelli è diventare cuoco: adesso può cucinare per la famiglia e per gli amici e finalmente anche assaggiare cibi nuovi, cosa che prima non gli era possibile. L’altro gemello si sta orientando alla professione di barman. Il cambiamento nella loro condizione di vita e il nuovo benessere fisico e psicologico investe tutta la famiglia. «A un anno di distanza dal trapianto – afferma la mamma dei ragazzi – vediamo realizzata la promessa dei medici: i ragazzi sono più sereni e tranquilli, con una nuova autonomia e maturità. Anche noi genitori sperimentiamo per la prima volta la libertà di una vita “normale” con minori preoccupazioni per la gestione della loro malattia e per la loro salute. E’ stato un percorso molto difficile, in cui abbiamo vissuto molta paura e molta ansia, ma oggi mi sento di consigliare la scelta del trapianto ad altri genitori che vivono la stessa difficoltà perché la vita dei loro figli e di tutta la famiglia cambierà in meglio».