Roma, 10 apr. (askanews) – L’innovazione è una delle principali sfide, anche sociali, del nostro Paese e implica una rete complessa di attori, non limitandosi solo agli imprenditori ma coinvolgendo le associazioni di categoria che li rappresentano e, soprattutto il mondo consulenziale, dei servizi a valore aggiunto e del terziario avanzato in generale. Sarebbe auspicabile un’azione integrata tra più istituzioni, a partire dai corpi intermedi che, in sinergia con il terziario avanzato, dovrebbero distaccarsi dal ruolo novecentesco di sola rappresentanza per ricoprire una funzione diversa, quella di “distributori di conoscenza” e nuovi metodi d’innovazione.
Partire dalle associazioni di categoria, soprattutto quelle che rappresentano un mercato che abbiamo definito “OFF” (di imprese “solo prodotto”, spesso improduttive e ai margini delle filiere), significherebbe attivare la base per un cambiamento culturale volto al miglioramento della produttività italiana, stagnante soprattutto in tali imprese, di cui, a salire nelle filiere, ne beneficerebbero anche tutte le aziende ON ed esportatrici, nonché tutto il mercato del lavoro.
I dati Istat sottolineano la necessità di un intervento immediato per le mPMI, soprattutto commodity e a basso valore aggiunto, evidenziando una stretta correlazione tra produttività e innovazione; quest’ultima è riconosciuta come elemento chiave per il progresso economico, da qui la necessità di renderla accessibile a tutti. Il problema delle piccole aziende, oggi, è infatti la difficoltà di creare valore aggiunto senza il quale non è possibile migliorare la produttività e figuriamoci parlare di innovazione e, successivamente, di posti e qualità del lavoro.
La soluzione (di partenza) è quindi rendere l’innovazione alla portata di tutti, facilitando l’incontro tra il piccolo imprenditore che ha merito, e consulenti, operatori e aziende di servizi e tecnologia che hanno il metodo (e il know how/who) per creare valore aggiunto, a costi accessibili sia economici ma anche di effort ed emotivi, fattori, questi ultimi, sottovalutati.
Per questo, la collaborazione tra le due rappresentanze sarebbe auspicabile: da un parte, le associazioni di categoria in rappresentanza degli imprenditori; dall’altra, il mondo consulenziale e dei servizi a valore aggiunto, uniti da un modello di sviluppo e approccio all’innovazione specifico per le mPMI. Tuttavia, la consulenza e i servizi VAS/KIBS sono ancora fortemente distanti dalle micro e piccole imprese: il problema è di mancanza di un’offerta adeguata e vicina a queste realtà; il modello qui di seguito proposto si pone l’obiettivo di colmare questo gap attraverso la nuova offerta di approccio consulenziale della Community di “Consulente Paziente” e la piattaforma di matching e avvio attività di innovazione “Il Raccomandato”, che ne facilita invece l’incontro con gli imprenditori e ne offre un immediato percorso per facilitare l’innovazione.
“Le grandi società di consulenza a livello mondiale, combinando tecnologia e capitali, aiutano le grandi aziende ad innovarsi e a massimizzare i profitti. E chi aiuta invece le piccole imprese? – afferma Marco Travaglini, fondatore di Mama Industry, Consulente Paziente e Il Raccomandato – Un progetto proposto da consulenze tradizionali a mPMI potrebbe riscontrare alcuni limiti. Potrebbe costare troppo sia economicamente che dal punto di vista operativo (tempo e rapporti); potrebbe essere incomprensibile perché troppo tecnico (soprattutto in fase iniziale); potrebbe spaventare, soprattutto se presuppone un’innovazione radicale che stravolge il modello di lavoro in breve termine. Tutte queste problematiche non permettono al progetto di innovazione di essere capito e di essere messo a terra. Allora in che modo agire? Promuovendo un cambiamento graduale e paziente, a step, proponendo un’innovazione incrementale che non spaventi e generi fiducia passo dopo passo, il primo dei quali è necessariamente un approccio all’innovazione (o la trasformazione) stessa a basso costo economico, emotivo e di effort”.
Il modello di Mama Industry propone quindi un cambiamento radicale del settore consulenziale attraverso la facilitazione del percorso d’innovazione, democratizzando servizi ad alto valore aggiunto, come la consulenza di sviluppo che diventa quindi un bene comune, accessibile in modo semplice, veloce e conveniente. Il modello, proposto e sintetizzato nel suo approccio operativo in un manuale cartaceo (il “Modello delle 5C”, uno strumento pratico e di supporto alle mPMI nella progettazione di idee e innovazione), è stato spedito a tutti i Presidenti e Direttori delle Associazioni di Categoria regionali e provinciali, perché sicuramente in linea con il loro impegno a favore dello sviluppo degli imprenditori nella loro sfida al cambiamento, nel combattere l’improduttività attraverso l’innovazione, avvalorando il loro ruolo cruciale e auspicando una collaborazione attiva nell’intermediazione e diffusione di know-how.
“Secondo l’ultimo Rapporto annuale Istat del 2023, i processi di sviluppo e innovazione nel triennio 2020-2022 sono in diminuzione – continua Marco Travaglini – Le micro e piccole imprese che hanno modernizzato la propria area di attività sono poco meno di una su tre (26,9%), mentre solo una su dieci ha diversificato le attività attraverso la creazione di nuove attività (10,1%). Solo l’8,8% delle imprese ha sperimentato processi di cambiamento più complessi, di cui solo il 5,5% ha adottato trasformazioni innovative nel business aziendale. Le medie e grandi imprese hanno introdotto processi di sviluppo in misura notevolmente maggiore rispetto alle piccole: il 65,7% delle imprese con almeno 250 addetti, rispetto al 27,9% di quelle con 3-9 addetti. Questi dati evidenziano un basso investimento in diffusione dell’innovazione in Italia, soprattutto nelle micro e piccole aziende, dove la necessità di una nuova mentalità e cultura d’impresa è cruciale, spostando soprattutto l’attenzione dal prodotto al processo/modello di lavoro e business. Per promuovere questa trasformazione, è essenziale un sistema di contaminazione capillare e pervasivo che favorisca la diffusione e l’accessibilità di metodi, strumenti e competenze. L’integrazione del terziario avanzato con il mondo produttivo diventa fondamentale, soprattutto in periodi di incertezza come quello attuale”.
La condivisione di conoscenza è il primo passo: il know how (ma soprattutto il know who) della migliore consulenza e dei migliori servizi messo a disposizione di tutti. I rapporti umani e le connessioni diventano fondamentali così come la collaborazione con i corpi intermedi, affinché venga promosso il contatto tra mondo consulenziale/KIBS e imprenditoriale finora ostacolato dalla diffidenza, soprattutto legata agli ostacoli emotivi ed economici del primo incontro.
“L’innovazione parte dalle persone, soprattutto in un Paese come il nostro fatto di un’economia delle relazioni (cit. A. Pietrini) – conclude Travaglini – Insieme alle varie associazioni del territorio, mossi dallo stesso impegno e passione, e soprattutto favorendo il sostegno agli imprenditori, confidiamo di contribuire al miglioramento dell’intero sistema economico italiano”.