Roma, 3 apr. (askanews) – Il diabete di tipo 1 è una patologia cronica, autoimmune, dipendente da un’alterazione del sistema immunitario, che comporta la distruzione delle cellule del pancreas che producono insulina. In Italia, le persone con diabete di tipo 1 sono circa 300.000, 12 bambini su 100.000 ne sono colpiti ogni anno. L’incidenza di questa patologia è in costante aumento nel mondo, soprattutto in età pediatrica, tanto che oggi è la malattia cronica più diffusa dell’infanzia e della adolescenza, rappresentando un problema emergente per la salute pubblica. Una malattia invalidante la cui gestione oggi è però certamente più semplice ed efficace grazie alla tecnologia.
“Oggi – ha detto ad askanews Angelo Avogaro, presidente della Società Italiana Diabetologia – abbiamo la possibilità di avere dei sensori, da applicare sia sopra la cute che sotto la cute, con un’autonomia di rilevazione che può andare da 15 giorni a mesi e questo è molto utile perché il paziente sa minuto per minuto i livelli della sua glicemia. Non solo. Oggi abbiamo a disposizione non solo i microinfusori uniti ai sensori ma abbiamo anche dei sistemi ibridi ad ansa chiusa, dei mini pancreas artificiali che sono in grado di predire, attraverso degli algoritmi, quanta insulina infondere. Quindi il paziente non deve più calcolare la quantità di insulina da infondere, perché questo può portare a ipoglicemia, ma la glicemia è gestita totalmente da questo sistema ibrido”.
Sistemi utili a gestire efficacemente questa patologia a cui però, secondo le statistiche, ha accesso solo il 9% dei pazienti, una percentuale che denota un problema di disequità nell’accesso alle cure anche a livello territoriale che, di fatto, impedisce di sfruttare pienamente i vantaggi offerti dalle nuove tecnologie e dalla digitalizzazione. “Oggi soprattutto – ha aggiunto Avogaro – si può seguire l’andamento glicemico attraverso il telemonitoraggio quindi il medico ha la possibilità di vedere quando vuole i profili glicemici del paziente e, soprattutto, condividere quelle che sono le scelte terapeutiche migliori per il paziente stesso. Questo non solo per il diabete di tipo 1 ma anche per il diabete di tipo 2 e quindi soprattutto quegli anziani che hanno il caregiver e per i caregiver che devono avere la possibilità poi di trasmettere questi dati al medico e avere dei suggerimenti in tempo reale”.