Roma, 19 mar. (askanews) – “Rafforzare l’assistenza territoriale e al tempo stesso ridurre le liste d’attesa. Sono due obiettivi che sarebbero alla portata se solo si volesse intervenire sul piano normativo con alcune modifiche mirate, dimostrando quel coraggio che fino a ora è mancato alle istituzioni. Si tratterebbe di innovazioni, tra l’altro, i cui costi ricadrebbero sul finanziamento standard del contratto di lavoro e non richiederebbero risorse aggiuntive”. È questo, in sintesi, il senso del ragionamento che il segretario del Nursind, Andrea Bottega, ha portato al tavolo dell’Intergruppo parlamentare per la prevenzione e la cura delle malattie autoimmuni, nel corso della riunione di oggi dedicata proprio al tema dell’assistenza territoriale. “La modalità con cui si gestiscono i bisogni sanitari ha mostrato tutti i suoi limiti già durante la pandemia. Bisogna prenderne atto e voltare pagina se si vuole davvero disegnare la sanità del futuro – continua Bottega -. Altrimenti si rischia di rimanere schiacciati dagli attuali eccessi burocratici, con il duplice effetto negativo di oberare, da una parte, i medici con attività che sarebbero a tutti gli effetti di competenza infermieristica e di svilire, dall’altra, il lavoro dell’infermiere che, da professione sempre meno attrattiva, non ha certo bisogno di veder ulteriormente limitata la propria autonomia e inibita la valorizzazione economica”. Un esempio su tutti, prosegue il segretario Nursind, “ce lo offre l’esperienza lavorativa in ambito chirurgico ospedaliero. La gestione delle ferite, tra medicazioni e rimozione punti, occupa ogni giorno uno o più medici per metà giornata. Un lasso di tempo che potrebbe essere dedicato alle prime visite, smaltendo quindi le liste d’attesa, se solo si attribuisse la gestione delle ferite post dimissione ad un infermiere appositamente formato. Ma lo stesso vale per altre figure quali il tecnico di radiologia o di laboratorio”. Quindi Bottega si sofferma sulle soluzioni che potrebbero essere messe in campo e che, rimarca, “sono state condivise anche dalla Commissione Salute delle Regioni in epoca pre-Covid”. Tra queste: “Dare avvio alle lauree specialistiche abilitanti per esempio in infermieristica pediatrica, sanità pubblica, infermieristica di famiglia, semplificando in tal modo anche le classi di laurea; istituire un nomenclatore tariffario per le attività infermieristiche con la possibilità di istituire degli ambulatori infermieristici autonomi; dare la possibilità agli infermieri di prescrivere i presidi di comune uso assistenziale”. Ma anche, “rivedere la normativa sull’utilizzo degli apparecchi radiologici per dare la possibilità al tecnico di radiologia di eseguire in autonomia gli esami diretti”, oltre che “modificare la legge 42 del 1999 sulle Disposizioni in materia di professioni sanitarie e dare forza di legge agli accordi Stato-Regioni che vanno a regolamentare aspetti specifici dell’assistenza”. “I fondi del Pnrr sono un’occasione da non sprecare per riformare la sanità territoriale – conclude il segretario del Nursind -. È stata normata la figura specifica dell’infermiere di famiglia, basterebbe partire da qui: quale opportunità migliore, infatti, dal momento che ancora non ne sono state definite le competenze, per allargare il perimetro delle sue attività?”.