Venezia,. 14 mar. (askanews) – Una mostra di arte contemporanea che è anche un dispositivo filosofico sul presente e uno spazio di possibilità sospeso tra il passato e il futuro. Entrare nell’esposizione “Liminal” che Punta della Dogana a Venezia dedica a Pierre Huyghe è un’esperienza che si gioca tutta sulla linea di un confine: tra la luce e il buio, tra il passato e il futuro, tra l’umano e ciò che non lo è. Mostra complessa, avvolgente, coraggiosa, è un viaggio dentro l’ignoto di noi stessi, oltre che un poderoso manifesto sulle potenzialità del contemporaneo quando si libera di tutte le logiche restrittive.
Anne Stenne ha concepito la mostra insieme a Huyghe e l’ha curata: “Il significato del titolo – ha detto ad askanews – sta in questo passaggio tra due entità. È uno stato transitorio, qualcosa che è in continuo cambiamento, e nello stesso modo la mostra è in continua evoluzione. È un’esposizione dinamica e sensibile nella quale si svelano queste creature che sono al tempo stesso umane e non umane. È una sorta di rito di passaggio sulla domanda sulla relazione tra l’umano e il non umano”.
Nelle grandi installazioni video scorrono figure che progressivamente perdono delle caratteristiche come per esempio il volto, ma perdono anche lo spazio e il mondo che le circondano. Ci sono ibridazioni tra umano e animale, ci sono evoluzioni di esseri tecnologici, ma pure acquari che sembrano essere reperti del futuro e proiezioni di immagini mentali generate anche con l’intelligenza artificiale. Il tutto trasmette un senso di spaesamento, certo, ma con esso un’urgenza filosofica che definisce, pur in un grande deserto, la nostra consapevolezza del tempo presente. “Siamo trasportati in un non tempo e un non spazio – ha aggiunto Anne Stenne – che è collegato alla condizione umana”.
Una condizione dalla quale la mostra ci porta fuori, in territori ignoti, ben rappresentati dai personaggi con maschere d’oro che si muovono negli spazi di Punta della Dogana e che a un certo punto ci conducono davanti a una serie di luci che attraversano la nebbia. Non sappiamo cosa stiamo vedendo, ma sappiamo di riconoscere quella dimensione, quelle presenze che emergono dal buio, perché sono aliene e, al tempo stesso, ci appartengono da sempre. Come insetti incastonati nell’ambra. Ieri, oggi e domani, sempre con un vero senso di mistero.
E per Palazzo Grassi-Punta della Dogana la mostra di Huyghe rappresenta un progetto poderoso, per loro stessa ammissione anche “sconvolgente”. Ma si tratta pure di una scelta necessaria, come ci ha detto il direttore Bruno Racine: “Una mostra più cupa come atmosfera, quasi tenebrosa, ma non pessimista, che invita il visitatore a riflettere sugli stati di transizione che stiamo vivendo sia con la scienza sia con la filosofia”.
Il punto è proprio questo: in un contesto radicalmente altro rispetto al conosciuto possiamo trovare il senso del nostro tempo, la sua complessità, oltre che la sensazione di come l’arte contemporanea sia un atteggiamento più che degli oggetti, una capacità di guardare e di essere. Che supera confini e mette tutto in costante discussione. E questo genera meraviglia.
(Leonardo Merlini)