Roma, 12 mar. (askanews) – Sono state 151 le segnalazioni di episodi di violenza ai danni di operatori sanitari registrate in Umbria nel 2023. Complessivamente sono stati coinvolti 179 soggetti che stavano svolgendo la loro attività nelle strutture sanitarie pubbliche, di questi il 73 per cento sono donne: i dati sono stati forniti nel corso dell’iniziativa dal titolo “AbbiCuradiChitiCura”, organizzata dalla Regione Umbria a Perugia, attraverso il Centro unico regionale di formazione in sanità, con l’obiettivo di avviare percorsi congiunti tra il settore sanitario e i cittadini nella convinzione che la tutela della salute e la sicurezza sui luoghi di lavoro sia un obiettivo comune.
All’incontro che si è aperto con gli interventi della presidente della Regione Umbria, Donatella Tesei e dell’assessore regionale alla Salute e Politiche sociali, Luca Coletto, hanno preso parte oltre al direttore regionale Salute e Welfare, Massimo D’Angelo, i direttori delle aziende sanitarie e ospedaliere, i rappresentanti delle categorie professionali e delle associazioni territoriali.
L’escalation delle aggressioni con numeri in crescendo per la presidente della Regione Umbria, Donatella Tesei, trova “motivazioni varie e, sicuramente, l’emergenza sanitaria prodotta dal covid ha contribuito ad aumentare problematiche che si ripercuotono sui cittadini non solo in Umbria, ma in tutto il Paese”.
La presidente, dopo aver ringraziato ancora una volta i medici e tutti gli operatori sanitari per il lavoro che svolgono quotidianamente, ha evidenziato come “il personale sanitario sia più esposto a episodi di violenza, dovendo spesso gestire rapporti caratterizzati da una condizione di forte emotività sia da parte del paziente che dei familiari. La rappresentazione, a volta forzata, della malasanità inoltre, spesso oscura il grande, efficace e competente lavoro della maggioranza degli operatori sanitari e questo rientra tra i fattori che contribuiscono all’incremento del fenomeno”.
Il notevole e preoccupante incremento del fenomeno – è stato detto – è testimoniato da un numero crescente di studi presenti in letteratura anche a livello internazionale rispetto agli anni precedenti, in particolar modo riferiti alla professione dell’infermiere, considerata la categoria più vulnerabile per la tipologia di lavoro svolto, sempre a stretto contatto con i pazienti e in situazioni non ordinarie che possono generare facilmente tensione.
Mentre le aree considerate più ad alto rischio secondo la raccomandazione ministeriale sono: servizi di emergenza-urgenza; – strutture psichiatriche ospedaliere e territoriali; luoghi di attesa; servizi di continuità assistenziale; sanità penitenziaria; servizi che svolgono attività di controllo e vigilanza.
L’assessore Coletto, dopo aver ricordato che la Regione Umbria sta riservando la massima attenzione al fenomeno, ha reso noto che “a livello regionale si sta pensando di attivare alcune iniziative importanti per promuovere la prevenzione e il contrasto ad ogni forma di violenza nei confronti dei lavoratori del settore sanitario e socio-sanitario, visto che questi episodi mettono in discussione il diritto alla salute interrompendo il percorso di diagnosi e cura dei pazienti anche per inabilità dell’operatore aggredito”.
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