Roma, 27 feb. (askanews) – L’inflazione core del Giappone a gennaio è scesa per il terzo mese consecutivo, raggiungendo il livello più basso degli ultimi 22 mesi, collocandosi in linea con l’obiettivo di stabilità dei prezzi della banca centrale. Lo si evince dai dati diffusi oggi dal ministero degli Interni e delle Comunicazioni di Tokyo.
L’indice principale dei prezzi al consumo – che non include gli alimenti freschi – è cresciuto del 2% rispetto all’anno precedente, in calo rispetto al 2,3% di dicembre.
La debole domanda interna, in parte derivante dall’aumento dei prezzi mentre i salari rimangono stagnanti, ha contribuito alla contrazione dell’economia per il secondo trimestre consecutivo nel periodo ottobre-dicembre.
Questo dato complica il percorso della politica monetaria della Banca del Giappone (BoJ) che, secondo gli osservatori, dovrebbe porre termine alla sua politica di tassi negativi perseguita da gennaio 2016. Secondo gli osservatori, da marzo o aprile la BoJ dovrebbe alzare i tassi.
Le tariffe alberghiere hanno rallentato la loro corsa, con aumenti del 26,9% a gennaio, mentre erano saliti del 59% a dicembre. Le bollette elettriche sono diminuite del 21% e i prezzi complessivi dell’energia sono diminuiti del 12,1%. Il tasso di inflazione complessiva è cresciuto del 2,2% mentre l’indice core-core, che esclude i prodotti alimentari freschi e l’energia, è salito del 3,5%.
I salari reali, che tengono conto dell’inflazione, sono scesi del 2,1% rispetto all’anno precedente, segnando il 21esimo calo mensile consecutivo. Si prevede che le trattative salariali primaverili in corso tra sindacati e datori di lavoro, note come “shunto” (“battaglia di primavera”), costituiranno un fattore importante nel processo decisionale della BOJ.