Roma, 24 feb. (askanews) – Arriva in Italia dal 4 al 10 marzo per quattro rarissime date la celebre Orchestra del Mozarteum con il podio di Luigi Piovano: dopo le due date a Salisburgo del 29 febbraio e 1 marzo, comincia la tournée italiana: il 4 marzo a Bologna al Teatro Manzoni; il 5 marzo a Torino, il 7 marzo al Teatro Mercadante di Napoli e il 10 marzo al Teatro Comunale di Carpi.
Il programma prevede il Concerto n. 1 in mi bemolle minore per violoncello e orchestra op. 107 di Shostakovich, la Sinfonia in do maggiore K. 551 “Jupiter” di Mozart e la Sinfonia n. 7 in la maggiore op. 92 di Beethoven.
Considerato in tutto il mondo uno dei migliori violoncellisti della sua generazione, nonché colonna portante di un’eccellenza europea come l’Orchestra dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia a Roma, Luigi Piovano ha aperto il 2024 con una serie di appuntamenti di grande intensità artistica e naturale eclettismo, che lo vedrà cimentarsi come solista, camerista e direttore d’orchestra su impaginati di grande densità e con musicisti di chiara fama e prestigio, fino alla tournée austriaca ed italiana sul podio dell’Orchestra del Mozarteum di Salisburgo dal 29 febbraio in doppia data austriaca e poi dal 4 al 10 marzo in Italia.
Pescarese, con padre pianista, compositore e direttore d’orchestra, dunque avviato precocemente agli studi musicali, a tre anni, nascosto sotto il pianoforte del padre durante le prove in trio con violino e violoncello, si innamora perdutamente del suono del suo futuro strumento. Ma all’epoca ancora non si reperivano facilmente strumenti per bambini, quindi coltiva la sua passione tentando caparbiamente di suonare una chitarra giocattolo con un arco da tiro, finchè finalmente da un rigattiere i genitori gli trovano un violoncello non di sua taglia, ma abbastanza ridotto da poter iniziare davvero: da quel momento inizia la corsa instancabile di Luigi Piovano verso l’eccellenza, a partire dalla precocissima entrata in conservatorio con ammissione speciale per ‘talento eccezionale’, al desiderio già a 15 anni di trovare la sua ‘scuola’ ideale, finalmente individuata nella conoscenza del grande maestro rumeno Radu Aldulesco.
“Non solo un maestro di musica, ma anche un maestro di vita, un secondo padre per me”, ha spiegato Piovano, “a lui devo l’appartenenza a quella scuola d’arco di nobile ascendenza che oggi rischia purtroppo di andare perduta”. Infine l’ammissione con borsa di studio per merito alla Menuhin Academy di Gstaad, centro nevralgico che gli consente di entrare in contatto con la grande generazione dei Maestri novecenteschi, da Menuhin a Lysy, Rostropovich, Magalov e Stern, mentre già dall’età di 12 anni si esibisce in concerti da solista e in formazione cameristica.
A soli 20 anni inizia a lavorare come primo violoncello in orchestra, prima al San Carlo, poi a Barcellona, alla Coruna, quindi di ritorno in patria il tuffo nella musica antica con strumenti originali con Concerto Italiano e Rinaldo Alessandrini, infine a 27 anni nel 1996 entra nell’Orchestra dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia. Da ben 27 anni è la sua seconda casa ed il luogo in cui, a strettissimo contatto con direttori d’orchestra come Gatti, Chung, Pappano, Sawallisch, Temirkanov , Giulini, Maazel, ritorna a ripercorrere i fortissimi stimoli ricevuti dal padre durante l’infanzia, le precoci letture di partiture complesse, la direzione dell’orchestra d’archi nel salotto di casa col padre alla spinetta, ma ovviamente dall’alto di una ben diversa consapevolezza intellettuale, culturale e professionale.
“È stato il lavoro a fianco di questi grandi direttori a spingermi ad aprire le partiture con un nuovo spirito, con la voglia di approfondirle come vedevo fare a loro, alla ricerca di qualche cosa che non è immediatamente evidente. Ma ero consapevole che per iniziare dovevo trovarmi una palestra e se la palestra non c’era, dovevo crearmela io. Così ho fondato, da direttore e mecenate di me stesso e dei miei ragazzi e con l’aiuto di qualche amico e mecenate, un’orchestra giovanile d’archi a Pompei, dove sapevo esserci tanti giovani talenti che però andavano curati e fatti crescere”.
Un’apparente follia e da un punto di vista finanziario un confessato fallimento, ma artisticamente, umanamente ed eticamente ha funzionato: “I ‘miei ragazzi’ ora lavorano tutti da professionisti e già questo sarebbe di per sé sufficiente a farmi dire che ne è valsa la pena, ma devo anche aggiungere che questa esperienza mi ha veramente concesso di crescere come direttore senza fretta, senza presunzione, senza mai fare il passo più lunga della gamba, dandomi il tempo corretto per poter ambire ad altro nel momento giusto.”
Oggi Piovano raccoglie i frutti di una carriera costruita su un talento naturale coltivato con millimetrica precisione ed inesausta passione per decenni, senza mai cedimenti né pericolose tentazioni personalistiche, all’ombra della Musica e per la Musica.