Roma, 20 feb. (askanews) – “L’entrata in vigore del nuovo Nomenclatore tariffario per le prestazioni ambulatoriali specialistiche e protesiche, sarà un disastro per i pazienti: le liste di attesa si raddoppieranno”. L’allarme arriva dal Presidente delle strutture gestite da enti ecclesiastici riunite nell’ARIS-Associazione religiosa istituti socio-sanitari, padre Virginio Bebber, in rappresentanza della gran parte degli Istituti socio-sanitari no profit di area cattolica, riconosciuti parte integrante del SSN sin dalla prima legge istitutiva dello stesso. Strutture che operano al fianco del servizio pubblico in virtù di convenzioni con le regioni, alle stesse condizioni del pubblico secondo tariffe stabilite che , sottolineano all’Aris, “sono ferme da venti anni, nonostante il continuo aumento dei prezzi di mercato”. Dunque, secondo l’Associazione “una nuova bufera sta per abbattersi sulle già traballanti spalle della sanità del nostro Paese. E ancora una volta a farne le spese saranno quanti hanno bisogno di assistenza sanitaria”.
“Le tariffe – spiega Bebber – ovvero quanto viene riconosciuto alle strutture che erogano gli esami, sono assolutamente inadeguate, irrealistiche e porteranno in futuro enormi problemi. Un esempio per capire meglio: le visite specialistiche (cardiologiche, ortopediche, neurologiche, ecc.) hanno una tariffa di 22 euro, cifra che è insufficiente a coprire i costi del medico specialista, del personale infermieristico, del servizio di prenotazione, delle utenze e delle pulizie. Ogni visita genera una perdita almeno di 25 euro. Sono molte le prestazioni che hanno tariffe che non coprono neanche i costi diretti di produzione, anzi, rispetto al tariffario precedente, si ha una riduzione complessiva del 30% (facendo il calcolo su tutte le prestazioni). In sintesi: è un sistema non sostenibile”.
Per l’Aris le cifre parlano chiaro: “Eseguire, per esempio, una Colonscopia prevede circa 30 minuti di tempo, l’impiego di un medico e due infermieri, l’uso di tecnologie e altri materiali necessari; un lavoro amministrativo. La nuova tariffa prevede 95,90 euro per questa prestazione. Analizzando i costi che deve sostenere la struttura bisogna fare questi conti: 1 medico costa 39 euro; 2 infermieri 35 euro; ricondizionamento apparecchiatura post erogazione 20 euro; gestione certificazione 4 euro; risveglio 2 euro per un totale di 125 euro, ai quali vanno aggiunti: 18 euro per la manutenzione degli strumenti tecnologici, 21 euro per l’ammortamento e 17 per costi amministrativi. Ciò significa che, applicando il nuovo tariffario, la struttura dovrebbe erogare la prestazione richiesta con una perdita di circa 85 euro. Due ore di ambulatorio coprirebbero 4 Colonscopie che per la struttura significherebbero 340 euro di perdita. Se si considera, poi, un intervento leggermente più complesso come l’asportazione di polipi dall’intestino crasso con endoscopia, secondo il nuovo nomenclatore a tariffa 117,05, e si analizzano con gli stessi criteri costi effettivi sopportati dalla struttura, che ammontano a 270 euro, si capisce bene che l’intervento richiesto comporta per la struttura una perdita di circa 153 euro. Così per un Biopsia microistologica mammaria con aspirazione automatica sotto guida stereotassica la Vecchia Tariffa prevedeva 774 euro; la Nuova Tariffa ne prevede 429, dunque la differenza costi ricavi è – 345 euro. Per attività radiologica ambulatoriale una Casa di Cura ha erogato nel 2023, 37.346 prestazioni radiologiche con la vecchia tariffa; le stesse calcolate con la nuova tariffa segnalano una perdita di 67.381 euro”. Le aziende sanitarie convenzionate e non profit ricordano di “non poter contare su un ripianamento dei buchi di gestione a carico delle regioni” e dunque si trovano nella situazione di “dover ridurre le prestazioni per non incrementare le perdite, andando quindi a diminuire i servizi per coloro che hanno bisogno e aumentando le liste di attesa a dismisura”. “È necessario – concludono – che il nuovo tariffario tenga in considerazione questa realtà, e i costi effettivamente sostenuti e che il rimborso sia equo. Per questo chiediamo al governo di: ridefinire le prestazioni in base ai costi reali attuali; ascoltare chi quotidianamente opera con esperienza e professionalità; rinviare l’entrata in vigore del nuovo nomenclatore”.