Roma, 7 feb. (askanews) – Si prospettano aumenti salariali record nella grande industria giapponese, dopo che lo stessso primo ministro Fumio Kishida ha chiesto alle imprese di mettere mano al portafoglio per sostenere il potere di acquisto delle famiglie nipponiche intaccato dall’inflazione.
In queste settimane sono in corso le tradizionali trattative sindacali primaverili, che ogni anno stabiliscono livelli retributivi e premi di produzione. E le cifre di cui si parla sono importanti.
Un esempio, in particolare, viene dall’industria automobilistica. Proprio oggi è stato reso noto che il sindacato interno di Nissan Motor ha chiesto un aumento di 18mila yen (113 euro) al mese, con un incremento di un terzo rispetto alla richiesta dello scorso anno, la quale già di suo rappresentava un record assoluto.
Non solo. Nel sistema di relazioni industriali giapponesi, la retribuzione è formata dallo stipendio, ma anche e soprattutto dal bonus forfettario. E anche in questo si stanno superando tutti i record. Il sindacato di Nissan ha chiesto un bonus di 5,8 mensilità, cioè 0,3 stipendi mensili in più rispetto allo scorso anno.
Ma questo dato è superato ampiamente dalla richiesta fatta dal sindacato nella trattativa in corso in Toyota Motor, dove è stato chiesto un forfettario di 7,6 mesi di stipendio mensile, il più alto di sempre. E anche sul fronte della retribuzione mensile, la richiesta è la più alta di sempre.
Nella Honda è stato richiesto un aumento del salario mensile di 20mila yen (125,5 euro), il più alto in 32 anni, e un bonus forfettario di 7,1 mensilità, record assoluto per l’azienda.
Le trattative salariali sono un tema cruciale in questo momento in Giappone e su di esso sono appuntati gli occhi dei policy-maker, compresi quelli della Banca del Giappone (BoJ), che su questo modulerà tempi e modalità di un’eventuale cambio di politica monetaria. Il governatore della banca centrale Kazuo Ueda ha espresso le sue speranze per un “ciclo virtuoso prezzi-salari” in una conferenza stampa dopo il suo ultimo incontro di politica monetaria di, dicendo: “I sindacati hanno espresso la loro volontà di chiedere salari più alti rispetto allo scorso anno e ci sono stati alcuni riscontri positivi in dichiarazioni del management, in particolare nelle grandi aziende”.
La Japan Business Federation, confindustria giapponese conosciuta anche come Keidanren, nel suo forum annuale sul lavoro e sul management, ha sollecitato i suoi associati in questo senso. In un videomessaggio, il presidente Masakazu Tokura ha affermato che le aziende “hanno la responsabilità sociale” di aumentare i salari in modo da tenere il passo con l’inflazione.
Le trattative salariali primaverili, conosciute come “shunto”, riuniscono sindacati e management per fissare i salari mensili prima dell’inizio dell’anno fiscale giapponese ad aprile. In Giappone i sindacati sono generalmente a livello aziendale, piuttosto che a livello di settore, e mirano a rafforzare la loro posizione negoziale tenendo colloqui più o meno tutti nello stesso periodo.
“Il tasso di crescita salariale dello scorso anno è stato il più alto degli ultimi 30 anni, ma i salari reali non sono aumentati perché l’inflazione era ancora più alta”, ha detto in un’intervista Tomoko Yoshino, presidente della Confederazione sindacale giapponese Rengo, composta da 7 milioni di membri. “Siamo stati in grado di dimostrare – ha proseguito – che aumentare i salari è possibile. Nel 2024 vogliamo dimostrare che possiamo continuare ad aumentare i salari”. Rengo ha detto che quest’anno vuole almeno un aumento del 5% per i suoi membri.
I capi di alcune grandi aziende giapponesi hanno già promesso di aumentare gli stipendi oltre l’obiettivo di Rengo. Takeshi Niinami, amministratore delegato del produttore di bevande Suntory Holdings, lo scorso ottobre ha dichiarato che la società aumenterà le retribuzioni in media del 7%. Anche Dai-ichi Life Holdings, una compagnia di assicurazioni sulla vita, prevede ritocchi verso l’alto del 7%, in parte attraverso un nuovo piano di remunerazione azionaria per circa 50.000 dipendenti.
La contrattazione collettiva non ha quasi mai previsto i salari in Giappone da quando è scoppiata la bolla economica nei primi anni ’90. La situazione ha iniziato a cambiare intorno al 2022, con l’inflazione elevata e il management ha iniziato a sentire il peso di una grave carenza di manodopera. Lo shunto dello scorso anno si è tradotto in un aumento salariale medio di circa il 3,6%, il massimo degli ultimi 30 anni, che comprendeva un aumento dello stipendio base mensile e aumenti della retribuzione basata sull’anzianità.
Ma, se per le grandi aziende mettere in campo cifre importanti per remunerare i dipendenti non è un grande problema, diverso è il discorso per l’enorme massa di piccole e medie imprese, che già hanno subito gravi danni nel periodo pandemico e faticano a trasferire i costi più elevati ai propri clienti. In un sondaggio condotto questo mese su 833 piccole imprese dalla Jonan Shinkin Bank di Tokyo, solo il 27,7% ha dichiarato di voler aumentare i salari quest’anno, mentre il 35% ha dichiarato di non avere tali piani. Un altro 37,3% si dichiara indeciso.