Roma, 5 feb. (askanews) – L’Italia è il Paese che ha il più alto numero di pazienti europei trattati per l’epatite C, ma solo aumentando la partecipazione agli screening per questa malattia, che ancora vedono numeri troppo bassi, ed estendendo la popolazione eleggibile, sarà possibile raggiungere gli obiettivi di eliminazione stabiliti dall’OMS entro il 2030. E’ quanto è emerso dalla conferenza “Un patto di collaborazione: dall’eliminazione regionale dell’epatite C alle nuove sfide per la salute del fegato organizzata dall’ISS con il patrocinio del Ministero della Salute e in collaborazione con Aisf (Associazione Italiana per gli Studi sul Fegato) e Simit (Società Italiana di Malattie Infettive e Tropicali).
Dal 2015, è emerso dal convegno, sono stati trattati circa 260.000 pazienti che hanno eliminato del tutto il virus, riducendo in modo significativo il peso ‘sociale’ e ‘sanitario’ della malattia. Questo risultato ha già permesso di raggiungere l’obiettivo dell’Oms di ridurre del 65% la mortalità correlata all’HCV. “Si può affermare che in Italia l’eliminazione dell’HCV è un obiettivo raggiungibile” ha sottolineato Marcello Naviera, rappresentante dell’Oms, che ha introdotto la conferenza. Nonostante siano stati avviati passi innovativi in tutto il territorio, i dati attuali rivelano una grande eterogeneità nelle modalità di invito, aderenza e modelli organizzativi tra le diverse regioni italiane. In media solo il 30% della popolazione target è stata invitata attivamente allo screening dell’epatite C e solo il 21% degli invitati ha effettuato lo screening, rappresentando mediamente il 6.6% di tutta la popolazione target da testare. Per le popolazioni target l’invito e l’adesione allo screening sono stati più alti, raggiungendo tra i detenuti quasi il 50% e il 60% rispettivamente e tra gli utenti dei SerD il 69% e 86% rispettivamente. “Il fondo dedicato per lo screening della popolazione generale, oltre che per le popolazioni target come i detenuti e gli utenti dei Servizi per le Dipendenze (SerD), rappresenta un intervento di salute pubblica quasi unico nei paesi dell’Unione Europea” ha sottolineato Loreta Kondili (ricercatore medico del Centro Nazionale per la Salute Globale dell’Iss). “Le grandi potenzialità di questa iniziativa si concretizzeranno al massimo solo raggiungendo la maggior parte della popolazione target, estendendo inoltre lo screening alle fasce di età più anziane e garantendo ai soggetti con infezione da HCV identificati l’intera cascata di cura”, ha ribadito Homie Razavi, Direttore del Center for Disease Analysis negli Stati Uniti. Una criticità emersa dai rappresentati di quasi tutte le regioni è stata l’inefficacia delle campagne di comunicazione, e pertanto è stata richiesta una campagna di comunicazione e sensibilizzazione centralizzata che porterebbe allo screening una platea molto più ampia rispetto ai dati attuali. “Al 30 giugno 2023 lo screening nazionale gratuito avviato in Italia, seppure con una estensione ancora limitata, ha consentito di testare quasi 1 milione di persone e di identificare oltre 10.000 casi di infezione attiva ovvero persone che possono accedere alle terapie ed eliminare il virus prima che si manifestino le gravi conseguenze dell’infezione – sottolinea Sabrina Valle dell’Ufficio 5 – Prevenzione delle Malattie Trasmissibili e Profilassi Internazionale del Ministero della Salute -. Questi dati, nonostante più bassi rispetto alle stime dimostrano ancora un cospicuo sommerso dell’infezione da epatite C nel nostro paese”. “La diagnosi e il trattamento per eliminare totalmente l’infezione attiva da HCV devono essere considerati come un traguardo raggiungibile e in cui credere. Questa rappresenta la nostra vera sfida del prossimo futuro”, ha detto il Presidente dell’Iss, Rocco Bellantone.