Atessa, 23 gen. (askanews) – Le critiche della premier Giorgia Meloni e del leader di Azione Carlo Calenda a Stellantis, accusata di essere sempre meno italiana e di non investire nel Paese “sono ingiuste, soprattutto verso gli oltre 40mila dipendenti italiani che stanno mettendo tutto il loro impegno per affrontare la transizione e che per questo voglio ringraziare”. Dallo stabilimento di Atessa in Abruzzo dove è iniziata la produzione dei nuovi veicoli commerciali di grandi dimensioni con l’obiettivo di diventare leader globali, il Ceo di Stellantis, Carlos Tavares risponde alle critiche della politica e rilancia accusando il governo di ritardi negli incentivi per l’elettrico che hanno fatto perdere volumi a Mirafiori dove si produce la 500e.
“Ringrazio il governo per gli incentivi che arriveranno a febbraio. Ma il confronto è durato 9 mesi e il risultato è che a Mirafiori, dove si produce la 500e abbiamo perso quote di mercato e produzione. L’Italia è fra i paesi che investono meno nell’elettrico”, afferma Tavares che ribadisce la volontà di proseguire il “dialogo” con il governo in vista del tavolo automotive convocato per il primo febbraio.
Alla luce delle difficoltà del settore, il top manager mette in guardia l’esecutivo e in particolare il Ministro Urso rispetto all’ipotesi di portare un competitor a produrre in Italia. “Vogliamo proteggere i nostri stabilimenti e la produzione in Italia. Ma se il governo pensa che sia meglio introdurre un competitor, siamo pronti a combattere. Ma ci saranno delle conseguenze”. Così come ci saranno conseguenze anche dalla decisione Ue di lasciare “la porta aperta ai prodotti cinesi, che hanno un vantaggio competitivo sui prezzi del 30%”.
Il tema dei costi è centrale per la sostenibilità del business. “L’elettrico costa il 40% in più del termico. Siamo sulla buona strada per ridurre i costi e rendere questa tecnologia accessibile, ma servono incentivi e la collaborazione dei fornitori”. Sul futuro degli stabilimenti italiani, Tavares lancia messaggi rassicuranti su Melfi “lo stabilimento non è a rischio, a prescindere dai prodotti che faremo” e conferma gli investimenti per la gigafactory di Termoli. Il governo però deve lavorare in particolare per Atessa che esporta l’85% della produzione “per migliorare le infrastrutture, in particolare porti e ferrovie e per ridurre i costi dell’energia fra i più cari d’Europa”.