Roma, 18 gen.(askanews) – Assegnazione competitiva di finanziamenti pubblici basati su progetti, mobilità dei dottorandi, brevetti, trasferimento tecnologico, fiducia della società nella scienza e in particolare nei vaccini. Questi i temi dei cinque capitoli in cui si articola la quarta edizione della “Relazione sulla ricerca e l’innovazione in Italia. Analisi e dati di politica della scienza e della tecnologia” frutto della collaborazione tra diversi Istituti del Cnr, presentata a Roma nella sede centrale dell’Ente.
“In questa Relazione – spiega ad askanews Daniele Archibugi (Cnr-Irpps), co-coordinatore della Relazione – cerchiamo di identificare quali sono i punti di forza e di debolezza nell’economia italiana con riguardo alla scienza e alla tecnologia. Sappiamo che l’Italia è specializzata a livello internazionale nei settori tradizionali, tipici del Made in Italy, che probabilmente saranno meno importanti nell’economia del futuro. Per fare un salto dalle specializzazioni tradizionali a quelle più innovative ci vuole uno sforzo congiunto delle imprese, del settore pubblico e delle università. Ed emergono dei punti di forza, ad esempio nei semiconduttori, che potrebbero essere quelli su cui si può costruire una capacità scientifica e tecnologica per sostenere il progresso italiano nei prossimi anni”.
Una relazione che mostra luci e ombre del sistema italiano della ricerca che certamente ha avuto una scossa dal Pnrr in termini di investimenti e non solo, ma deve orientarsi con più decisione all’innovazione, deve migliorare la fase di passaggio dai laboratori all’industria, quel trasferimento tecnologico che porta benefici diretti alla società.
“C’è una lieve ripresa dell’investimento in ricerca, anche grazie al Pnrr, in Italia – dichiara ad askanews la presidente del Cnr Maria Chiara Carrozza – che ha un ecosistema che produce brevetti, forse non abbastanza ma tendenzialmente in un’area della ricerca più tradizionale del made In Italy, però c’è un ambito quello delle nanoscienze, delle microstrutture dove stiamo andando bene. Enfatizza anche l’importanza della mobilità dei dottorandi e anche l’investimento nei dottorati di ricerca. La mobilità, il fatto di andare in un sistema diverso a fare una parte del percorso può essere vincente poi per la carriera successiva. Complessivamente mi aspetto che alla fine del Pnrr il sistema italiano sia molto più forte e che anche la collaborazione pubblico-privato abbia dato i suoi frutti e penso che ovviamente ci dobbiamo preoccupare di un consolidamento a medio e lungo termine degli investimenti però la mia prospettiva è sempre di lavorare prima con quello che abbiamo. Penso che i talenti che noi formiamo, solo qui al Cnr abbiamo centinaia di nuovi ricercatori a tempo determinato sul Pnrr, saranno i talenti dell’Italia. Si dice sempre che c’è un grande carenza, – conclude – noi con il Pnrr abbiamo l’occasione di formare queste persone altamente qualificate”.