Roma, 18 gen. (askanews) – Italia e Africa, Italia e Medio Oriente. Rapporti decennali che, nonostante le difficili congiunture geopolitiche, vanno avanti e prospettano opportunità di crescita, win-win, con approcci nuovi e innovativi. Particolare interesse desta il continente africano anche grazie al Piano Mattei, che il governo presenterà alla Conferenza Italia-Africa a fine gennaio, e promuove il Continente e l’internazionalizzazione ad esso collegata in un’ottica nuova, come spiega il presidente di Confindustria Assafrica&Mediterraneo Massimo Dal Checco intervistato da askanews.
“Tutto il mondo sta andando a investire in Africa – sottolinea Dal Checco – e i Paesi del continente, i diversi governi, si trovano a un bivio, devono scegliere tra andare più verso il mondo occidentale, ma con regole molto severe in termini di sostenibilità ed etica del modo di lavorare, oppure andare verso un mondo dove le regole sono meno puntuali che è quel mondo cinese, russo e dei Paesi non in linea con principi dell’Occidente. Questa è una scelta che sarà fatta a macchia di leopardo” e il 2024 “sarà un anno in cui vedremo come queste traiettorie verranno definite e confidiamo che quel modo di lavorare che abbiamo noi occidentali, e spero a maggior vantaggio italiano, possa portare dei benefici per tutto il nostro mondo industriale”.
Un obiettivo che potrà essere raggiunto anche grazie al Piano Mattei. “Il modo di lavorare italiano è completamente diverso” da quello di russi e cinesi “e da questo anche il nome della strategia. Mattei era riuscito con la nostra Eni a essere molto più competitivo delle Sette sorelle americane, che gestivano il petrolio e nonostante Mattei avesse in mano una società più piccola riuscì a conquistare in maniera importante fette di territorio in Africa, perché lasciava in termini di alleanze e partnership metà della ricchezza che veniva prodotta sul territorio”, evidenzia il presidente della più anziana Confindustria estera, con oltre 140 associati, attiva da oltre 40 anni in 70 Paesi di Medio Oriente, Mediterraneo e Africa.
“Questo modo di fare business in termini non predatori ha portato un riconoscimento molto importante sia in termini di crescita della società che di relazioni con le comunità locali. E questo modo di lavorare è un po’ la filosofia di questo Piano Mattei: riuscire ad avere grandi opportunità per le nostre imprese e creare una serie di relazioni con le persone africane che abbiano continuità nel tempo”, aggiunge.
Per fare questo, però, bisogna attivare percorsi virtuosi e attrattivi prima dei diretti concorrenti: Russia, Cina e anche Turchia: “Chi è cresciuto tantissimo negli ultimi 10 anni è la Turchia, che ha avuto un ruolo importantissimo sul mercato economico africano e ha avuto una crescita molto sostenuta ed è stato un vero competitor, nuovo, perché c’era ma non così presente – spiega il presidente di Assafrica e Mediterraneo – La Cina, d’altra parte, ha conquistato una parte molto importante dell’Africa ma con regole tutte loro, non essendo obbligata a seguire le regole Occidentali e con una quantità di denaro spropositata. Sono cresciuti molto dove hanno trovato governi corrotti o deboli nella gestione della parte finanziaria. La Cina ha un modo di lavorare completamente diverso dal nostro. Soprattutto quando si tratta di grandi opere portano tutto dalla Cina, anche la manodopera, non lasciando nessun tipo di ricchezza al territorio. E se per caso devono fare manutenzioni pluriennali lasciano lì la comunità cinese per questo tipo di lavoro”.
Dal Checco sottolinea come l’intera zona di competenza di Assafrica&Mediterraneo copra un’area vastissima da dividere in diversi settori per essere meglio compresa. Prima di tutto tra Medio Oriente e Africa, “due mondi abbastanza differenti” e poi nelle tre aree del continente africano, che hanno situazioni e condizioni spesso distanti.
“Il Medioriente è un’area in fortissima evoluzione” con un’attenzione “alla sostenibilità nonostante siano ancora basati su vecchie fonti energetiche”, ma gli investimenti “che verranno fatti in particolare in Arabia Saudita nei prossimi anni sono enormi, si parla di tre trilioni di dollari, cifre anche difficili da scrivere”. In questa area del mondo, secondo Dal Checco, “la qualità di tutto ciò che viene offerto dall’Italia è molto apprezzata, sia in termini classici, la moda il cibo, il modello dell’hospitality, che già conosciamo, ma anche in termini di competenze ingegneristiche c’è un riconoscimento molto forte a differenza di qualche anno fa quando si guardava di più al mondo anglosassone”.
L’area dell’Africa, invece, pone “differenze enormi da una nazione all’altra e non solo per macroaree”, “abbiamo l’area del Mediterraneo dove dopo la Primavera araba ancora si soffre in alcune nazioni: si va dal Marocco che si può considerare una regione europea per il modello che ha, alla Libia dove sappiamo che ci sono problemi un po’ più gravi. La ripartenza dell’area mediterranea è più complicata”.
“Poi abbiamo l’area del Sahel che è l’area più critica perché è quella dove ci sono più terre rare, miniere di metalli preziosi e anche governi più deboli”, quindi “qui si concentra la parte più predatoria” e “c’è una forte presenza russa anche di mercenari che destabilizzare i governi”. Infine, “l’area subsahariana, che è molto differente se ha avuto influenze francesi, anglosassoni, spagnole o portoghesi, ma che è un’area che dal 2000 è in crescita di una media tra il 6-7% anno, e anche durante il periodo pandemico non hanno mai avuto grandi crisi e il Pil non è mai andato in terreno negativo”, questa è “un’area di forti opportunità che ha purtroppo una narrativa, anche in Italia, sbagliata, se ascoltiamo soltanto la stampa si fa di tutta l’erba un fascio, raccontando di un’Africa tutta in difficoltà, ma così non è, tant’è che tutti i Paesi vanno a fare investimenti in questo Continente e in particolare nell’area subsahariana”.
Dal Checco sottolinea: “Il lavoro che abbiamo fatto come Confindustria in questi anni è stato sensibilizzare le imprese a vedere cosa si poteva fare, e lo abbiamo fatto anche con l’aiuto delle grandi aziende italiane che sono nostre associate, come Eni, Enel, Webuilt, Saipem” tra le altre, e grazie “agli oltre 40 anni di lavoro i rapporti con i governi si sono consolidati tantissimo. Questo consolidamento è quello che poi oggi porta i risultati, perché nell’ultimo anno ho incontrato tra presidenti e primi ministri almeno 10-12 leader dell’area, persone che decidono i veri investimenti in questi Paesi”.
Negli ultimi anni, Confindustria Assafrica&Mediterraneo ha siglato più di venti accordi e Memorandum of Understanding (MoU) con associazioni imprenditoriali, camere di commercio e agenzie per la promozione degli investimenti dei paesi dell’Africa e del Medio Oriente, al fine di promuovere e rafforzare la collaborazione economica, industriale e commerciale con queste regioni.
“Abbiamo un vantaggio fortissimo in questo momento – conclude Dal Checco – anche grazie alla velocità di reazione durante la crisi energetica, quando, in meno di quattro mesi, appoggiandosi ai partner in Medio oriente e in Africa, l’Italia è riuscita a ripristinare una fornitura a cui avevamo dovuto rinunciare da parte russa. Questa velocità con cui Eni nello specifico è riuscita a reagire, ha permesso al governo di pensare a un nuovo sviluppo dell’Africa” che punta, tra le altre cose, a vedere in modo diverso anche il “problema dell’immigrazione, che pur essendo inevitabile, potremmo gestire in modo più ordinato”, “facendo formazione, insegnando l’italiano e creando partnership win-win”. “Se la maggior parte dell’Africa cresce secondo questi principi anche l’immigrazione del futuro sarà un’immigrazione diversa da quella a cui siamo abituati oggi che è senza competenze”, fa notare Dal Checco.
(di Daniela Mogavero)