Roma, 15 nov. (askanews) – “L’Artico non è il Far West. Se è vero che non c’è un trattato Internazionale come per l’Antartide va detto che gli otto paesi del Consiglio Artico collaborano e agiscono, occupandosi in prima istanza dei 4 milioni di abitanti dell’area”. Lo ha detto Eric Carlson, diplomatico del governo statunitense e rappresentante al Consiglio Artico come Senior Arctic Official, nel corso del suo intervento al convegno organizzato a Roma nella sede del Centro studi americani. Nel meeting “The future od Arctic: conflict or cooperation?” si è fatto il punto sullo stato di una regione che è il “termometro del mondo” come ha detto Laura Borzi, analista geopolitica del centro studi Italia-Canada, sottolinenando come in Artico sia fino a quattro volte più alta la temperatura.
Carlson ha spiegato: “Bisogna proteggere l’ideale di cooperazione dell’Artico. Anche quando la collaborazione risulta difficile”. Quindi ha sottolineato: “In 27 anni sono stati fatti tre diversi accordi”. Riguardo le tensioni che possono incidere sulle scelte per l’Artico, come il conflitto tra la Russia e l’Ucraina, Carlson ha ammesso: “Quando mi chiedono quando si tornerà alla normalità, spiego che non lo sappiamo. Dipende”.
Mark E. Rosen, vice presidente senior del Centro Analisi Navale, ha sottolineato: “Quando si aprirà la rotta di nord ovest chi spiegherà alla Russia, ad esempio, che le sue navi non sono pronte. Se è vero che quella rotta fa risparmiare il 40 per cento della distanza tra i porti, va detto che c’è molta pressione per favorire questo sviluppo. Ma quali sono le prospettive? C’è interesse per il gas naturale più che per il petrolio. In Russia ci sono attività molto importanti a livello dell’Artico. Lo sviluppo sta già avvenendo”.
Rosen ha poi sottolineato: “Quali sono rischi giuridici? Si ha a che fare con stati sovrani che hanno un loro ambito. Bisognerà vedere quel che è possibile dal punto di vista delle estrazioni. La struttura giuridica è insufficiente rispetto ad eventuali sversamenti. Capire come intervenire rispetto ad eventuali incidenti che nessuno vuole, ma che possono accadere”.
L’esperto ha quindi aggiunto: “Tutti vogliono tutelare l’ambiente, ma non ci sono gli standard e il quadro giuridico. Ci sono stati molti investimenti. Non voglio metter paura. Ma uno stato di fronte ad un incidente potrebbe decidere di chiudere l’accesso e poi ci potrebbero essere problemi per le rotte. In ultima analisi potrebbe esserci una controversia con la Cina per sfruttare risorse. Nei loro documenti pubblici affermano molto. Bisognerà vedere quel che succede”.