Madrid, 13 nov. (askanews) – L’appuntamento è fissato per mercoledì 15 e giovedì 16 novembre: i deputati spagnoli dibatteranno e decideranno sull’investitura di Pedro Sanchez, segretario del partito Socialista spagnolo (Psoe) e capo del governo ad interim. L’annuncio è stato dato oggi dalla presidenza del Congreso de los Diputados (la Camera spagnola). Dopo aver incassato l’appoggio degli indipendentisti catalani di Junts per Catalunya (Uniti per la Catalogna) al termine di un difficile negoziato, Sanchez avrebbe ora i voti necessari – sia pure di stretta misura – per ottenere la fiducia e restare al governo nonostante le proteste dell’opposizione di destra, che domenica è scesa in piazza in tutto il Paese.
La scorsa settimana Sanchez e gli indipendentisti hanno raggiunto un’intesa basata su uno scambio tra governabilità e amnistia, anche per il leader di Uniti per la Catalogna Carles Puigdemont. Dopo il referendum sull’indipendenza del 2017 dichiarato incostituzionale da Madrid Puigdemont, ex presidente del governo della Catalogna ai tempi del referendum, è riparato a Bruxelles per evitare l’arresto e la prigione a cui sono stati invece condannati numerosi altri politici catalani, a pene fino a 13 anni di carcere, in seguito decadute grazie a un indulto concesso dal governo di Sanchez. Puigdemont è invece rimasto in sostanziale “esilio”, ma a seguito dell’amnistia dovrebbe poter tornare in patria.
L’accordo di amnistia è stato messo all’indice dai conservatori del Partido Popular, dall’estrema destra del partito Vox e da associazioni di magistrati di destra: dopo le proteste scoppiate a Madrid con scontri con la polizia davanti alla sede del Partito Socialista, ieri si sono tenute manifestazioni in tutta la Spagna contro l’accordo, con la più grande a Madrid, a cui hanno partecipato, secondo la prefettura, circa 80.000 persone. Ma Sanchez va avanti, con la definizione dei dettagli della legge di amnistia e il dibattito di investitura, in cui sulla carta supererebbe la maggioranza assoluta necessaria per appena 3 voti. Un margine esiguo, tanto più che anche alcuni socialisti – soprattutto quelli della vecchia guardia come Felipe Gonzalez – hanno espresso malessere verso l’accordo, anche se in Spagna storicamente la disciplina di partito è molto forte.