Napoli, 3 nov. (askanews) – La Campania polarizza il turismo storico-archeologico del Sud. In particolar modo, sulla provincia di Napoli che, da sola, assorbe il 67% circa di tutti i visitatori del sistema museale ed architettonico-monumentale del Meridione. Con oltre 3,5 milioni di visitatori, la Campania è seconda soltanto a Roma, distanziando i 2,5 milioni di visitatori di Firenze. È il dato che emerge dalla ricerca ‘Il valore aggiunto del brand Unesco sui territori’ a cura di S.R.M. Studi e Ricerche per il Mezzogiorno Centro Studi collegato al Gruppo Intesa Sanpaolo presentata alla XXV Borsa Mediterranea del Turismo Archeologico nell’ambito della celebrazione del 25esimo anniversario di Paestum, sito Unesco, in collaborazione con Anci. “Dalla Bmta e dalle sue conversazioni annuali possono partire i nuovi modelli di valore, autenticità e integrità che sono le caratteristiche del nuovo modo di valutare i luoghi degni di entrare nelle liste dell’Unesco – è il messaggio dell’Unesco, portato dal già vice direttore generale per la Cultura Mounir Bouchenaki, presidente onorario della Bmta – Il percorso è cambiato dal 1979, quando il riconoscimento andò all’Arte Rupestre della Val Camonica. Oggi, senza abbandonare il valore universale dei luoghi, è un percorso che parte dal basso, dalla capacità e dalla voglia di fruire dei luoghi da parte delle popolazioni, che per ottenere questo riconoscimento compiono un lungo e non solo di raccolta dati e testimonianze”. Nel 2022 la spesa turistica degli stranieri in Italia è tornata ai livelli pre-Covid, con un trend costantemente crescente, ma solo 7,4 miliardi dei 44,3 spesi in Italia da viaggiatori internazionali, ovvero meno del 17%, ricadono nel Mezzogiorno, benché 12 dei 45 siti archeologici Unesco, ovvero circa il 27%, siano concentrati al Sud. Per quanto invece riguarda lo specifico segmento storico-archeologico relativo ai visitatori dall’Italia e dal resto del mondo, dalla ricerca emerge che il Mezzogiorno ha una parte adeguata rispetto al 27% di aree Unesco storico archeologiche riconosciute: il 30% dei visitatori e il 27% degli introiti totali. “Ciò significa che è soprattutto il flusso di turisti italiani ad innalzare le performance del sistema museale ed archeologico meridionale – ha evidenziato Salvio Capasso, responsabile Servizio Imprese e Territorio S.R.M. – in particolare, in termini di numero di visitatori nel 2021, grazie alla sua offerta storico-archeologica molto articolata il sistema museale e monumentale-archeologico campano è secondo soltanto al Lazio, superando regioni molto rinomate come la Toscana o il Veneto. La Campania assorbe, però, più dell’80% dei flussi di turismo storico-archeologico del Mezzogiorno, con le altre regioni del Sud in posizione del tutto secondaria: la Puglia è solo nona, la Sardegna undicesima, seguita da Calabria e Basilicata, Molise ed Abruzzo sono i fanalini di coda. È ovvio che l’area di Pompei ha una funzione catalizzatrice assolutamente primaria. Un’altra caratteristica di questa tipologia turistica è quella di una stagionalità che, seppur molto meno marcata rispetto a quella del turismo generale, è comunque esistente, con i visitatori che si concentrano soprattutto nel trimestre estivo, con un minimo fra marzo ed aprile”. (segue)