Milano, 31 ott. (askanews) – La Arnaldo Caprai di Montefalco (Perugia) è una delle aziende vitivinicole simbolo dell’Umbria e la Cantina leader nella produzione del Sagrantino, vitigno autoctono a bacca rossa che cresce solo qui da oltre 400 anni. Nell’autunno del 2021 ha festeggiato i suoi primi 50 anni, fu infatti nel 1971 che il noto imprenditore tessile Arnaldo Caprai acquistò 45 ettari nel territorio della “Ringhiera dell’Umbria”, oggi più nota come uno dei borghi più belli d’Italia. Nel 1988 la conduzione della Cantina è passata nelle mani del figlio 24enne Marco, che ha subito puntato su un progetto di valorizzazione del Sagrantino, uva che fino a qualche anno prima nessuno voleva più coltivare al punto di rischiare di scomparire. Marco Caprai ha scommesso sulla ricerca agronomica e sulla qualità, che ha ben presto ottenuto e che continua a far crescere anno dopo anno con grande impegno e costanza. Sforzi e investimenti ripagati dal successo internazionale e, nel 1992, dal riconoscimento con la Docg. Parallelamente al riscontro degli appassionati e ai tanti riconoscimenti sulle guide del vino, sono cresciuti anche gli ettari, che oggi sono complessivamente 174, di cui 160 vitati nelle zone della Docg Sagrantino di Montefalco, e delle Doc Montefalco e Colli Martani.
E grazie al vino, è cresciuta anche la visibilità di Montefalco, oggi tra le principali destinazioni italiane degli enoturisti di tutto il mondo. “Quando ho iniziato c’erano quattro o cinque Cantine, oggi ce ne sono un’ottantina” racconta ad askanews Marco Caprai, aggiungendo che lo stesso vale per le strutture ricettive e i locali: “Allora c’erano un paio di hotel e un paio di ristorantini, oggi sono decine”. Insomma una rivoluzione, con il vino motore di un territorio, tanto che la voce “hospitality”, su cui l’azienda ha scommesso da decenni, oggi rappresenta quasi il 10% del suo giro d’affari.
“L’anno scorso è stato un anno molto positivo, e lo abbiamo chiuso con un fatturato di 8,3 milioni di euro e con una produzione di circa 900mila bottiglie, il 30% delle quali è finita sui mercati di una quarantina di Paesi: siamo una piccola bandiera del Made in Italy e del Sagrantino per l’Umbria” continua il 58enne imprenditore, sottolineando che l’export “è un valore importante”, così come “i circa duemila clienti del settore horeca in Italia (voce che pesa per il 35% sul giro d’affari totale), che sono un fattore di grande stabilità che ci permette di programmare ogni anno lo sviluppo della nostra produzione”. A livelli degli anni precedenti anche il risultato nella grande distribuzione, il canale più difficile per la maggior parte dei produttori di rosso.
E a proposito di grandi rossi, debutta in questi giorni sul mercato la nuova annata di uno dei vini più conosciuti e preziosi dell’Umbria, lo “Spinning Beauty 2013”, un Sagrantino in purezza frutto del più antico vigneto di selezione clonale, Monte della Torre. Pietra miliare nella storia di Arnaldo Caprai, questo vino tirato in 1.100 bottiglie matura in barrique per 8 anni per poi affinare in bottiglia per almeno altri 8 mesi, processo alla fine del quale dimostra una sorprendente vivacità, se confrontata con altre grandi etichette internazionali a partire dal celebratissimo “Vega Sicilia Unico 2013”.
Marco Caprai è come il suo vino: struttura, sostanza, caparbietà, ambizione e soprattutto è un testimone della sua terra, a cui è visceralmente legato e sulla quale continua a credere e investire, con una visione e uno spirito sempre positivi. “Ora siamo nell’ultimo trimestre del 2023, quello che per tutte le aziende italiane del vino determina il risultato operativo, e contiamo di fare un po’ meglio del 2022, tra il 7-8% – spiega soddisfatto ad askanews – e lo riteniamo un grande risultato perché stiamo pagando un certo rallentamento sull’estero, dovuto agli acquisti massicci dello scorso anno e quindi al riequilibrio degli stock nei mercati importanti come gli Stati Uniti”.
Complessivamente la Cantina umbra produce 23 referenze, di cui sette sono vini bianchi, tra cui il più noto è il “Cuvée Secrète” blend che unisce il meglio della produzione a bacca bianca. Al pari di tante altre realtà in Italia, anche la Cantina umbra è impegnata dal 2016 in un (piccolo) progetto sulle “bollicine”, con un Brut Metodo Classico nato con 50% Pinot Nero e 50% Chardonnay e diventato oggi un Pinot Nero in purezza che affina per 20mesi sui lieviti. Dai due ettari di vitigni in un’ex area estrattiva tra i 500 e gli 800 metri slm sull’Appennino tra Umbria e Marche, nascono circa ottomila bottiglie.
Anche in Umbria la vendemmia che si è da poco complessa è stata particolarmente difficile, caratterizzata durante la stagione primaverile da piogge continue che hanno scatenato una peronospora particolarmente aggressiva. “Crediamo di aver fatto un buon lavoro di difesa delle nostre uve, sicuramente abbiamo una perdita di produzione che si aggira tra il 20 e il 30% ma avevamo dei dati previsionali che erano ancora peggiori e quando uno si prepara al peggio, alla fine è soddisfatto” prosegue il pluripremiato produttore folignate, evidenziando “la buona qualità riscontrata soprattutto nelle uve bianche (Grechetto, Chardonnay e Sauvignon ndr), molto fruttate, profumate e intense: caratteristiche quasi da regioni alpine e questo è un piacere perché sono anche il risultato di scelte fatte negli ultimi decenni”.