Roma, 28 ott. (askanews) – Hacker legati alla Corea del Nord sono stati responsabili di furti di criptovalute per un valore di quasi 1,7 miliardi di dollari lo scorso anno. L’afferma il gruppo di esperti sulle sanzioni del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite contro Pyongyang.
Citando il rapporto di una società di sicurezza informatica, il panel ha sostenuto che i furti informatici nordcoreani lo scorso anno sono stati circa tre volte superiori a quelli del 2021, pur sottolineando che il Nord sta dando priorità ai furti di criptovalute per finanziare il suo programma di armi nucleari, piuttosto che ad attacchi distruttivi.
“Gli attori che lavorano per il Reconnaissance General Bureau (una delle articolazioni dei servizi di sicurezza nordcoreani, ndr.) hanno continuato a utilizzare tecniche informatiche sempre più sofisticate per rubare fondi e informazioni”, si legge nel rapporto.
Gli esperti inoltre hanno indicato i lavoratori nordcoreani all’estero, compresi alcuni con visto studentesco, come altra fonte di entrate per il regime di Kim Jong Un. Il Consiglio di sicurezza delle Nazioni unite ha imposto il divieto ai nordcoreani di lavorare all’estero per paura che il loro reddito possa contribuire ai programmi di armamento del Nord.
Il gruppo ha inoltre segnalato attività continue presso il sito dei test nucleari di Punggye-ri, sebbene non sia stato rilevato alcun test nucleare da settembre 2017.
Riguardo ai lanci di missili balistici del Nord, il comitato ha affermato che tali test contribuiscono al raggiungimento di due obiettivi previsti dalla road map quinquennale del Nord annunciata nel gennaio 2021: l’acquisizione di un missile balistico intercontinentale a “propellente solido terrestre” e di un “missile tattico”.
Notando la spinta di Pyongyang a rafforzare la deterrenza bellica e le capacità di “contrattacco nucleare”, il comitato ha affermato che questi sviluppi indicano una strategia di deterrenza simile alla capacità di “second strike”m un termine che si riferisce a una capacità di attacco nucleare di ritorsione.
Il rapporto, inoltre, indica che il Nord ha potuto importare prodotti petroliferi raffinati oltre il limite annuale consentito di 500mila barili. Dal primo gennaio al primo maggio di quest’anno, 25 petroliere battenti bandiera nordcoreana, di cui nove designate dal Consiglio di sicurezza delle Nazioni unite, hanno effettuato 46 consegne di prodotti petroliferi raffinati, spesso utilizzando trucchi per aggirare le sanzioni.