Erto e Casso (Pn), 9 ott. (askanews) – Rispetto dell’ambiente e riconciliazione con la natura, per garantire la sicurezza delle comunità e gli stessi “destini” dell’umanità. La tragedia del Vajont, 60 anni dopo la notte in cui 1910 vite furono spazzate via dall’onda causata dalla frana del Monte toc nel bacino artficiale creato dalla diga, assume oggi il valore di ammonimento “irrinunziabile” a un diverso rapporto tra l’uomo e la natura, “perché l’uomo è parte della natura, ma non deve divenirne nemico”.
Il Capo dello Stato Sergio Mattarella sale fin su ad Erto e Casso, visita il camminamento della diga ancora intatta, e da lì riprende le parole di papa Francesco per un richiamo a “saper porre attenzione e saper governare, con lungimiranza, gli squilibri che interpellano, mettendo in discussione, l’umanità stessa e i suoi destini. Occuparsi dell’ambiente, rispettarlo, è garanzia di vita”, perchè alla “prevaricazione” dell’uomo corrisponde la violenza della natura.
Un monito condiviso da Istituzioni e Governo: “Non dobbiamo dimenticare quanto è costata l’irresponsabilità umana in quella terribile notte del 9 ottobre 1963 a una Comunità che era pienamente consapevole dei rischi, ma che rimase inascoltata. In memoria di quella terribile tragedia, una ferita ancora impressa all’Italia tutta, il nostro impegno affinché eventi simili non si ripetano mai più nella nostra Nazione. Nel ricordo delle vittime del Vajont continueremo a lavorare per un’Italia più sicura”, ha affermato la presidente del Consiglio Giorgia Meloni, ricordando “una tragedia che poteva e doveva essere evitata”.
Concetti su cui insiste anche il Presidente del Senato Ignazio La Russa: “È doveroso impegnarsi per la sicurezza e la prevenzione dei disastri e contro il dissesto idrogeologico del nostro territorio affinché tali tragedie non si ripetano più in futuro”. Mentre il presidente della Camera Lorenzo Fontana – anche lui presente con Mattarella alle commemorazioni – sottolinea che “bisogna sempre rispettare il territorio, le comunità locali, ricordarsi sempre che è importante creare le opere ma bisogna farle nel rispetto totale del territorio”. Una ferita “ancora aperta”, è l’espressione che più ricorre, e proprio per questo Mattarella ha voluto prima rendere omaggio al cimiterio di Fortogna, deponendo una corona e assistendo al ricordo dei 487 bambini morti nel disastro, e poi recarsi fino a quello che definisce “immenso sacrario a cielo aperto”, la valle in cui ancora oggi la diga si staglia intatta. Una tragedia con “pesanti responsabilità umane”, accertate dai processi. E proprio gli atti processuali, ha sottolineato il Capo dello Stato, devono essere conservati lì, in quei luoghi. Una richiesta forte della comunità locale, che riceve dunque il sostegno del Presidente della Repubblica: “Ciò che attiene alla memoria deve essere conservato vicino a dove la tragedia si è consumata. Per onorare le vittime del Vajont e per riceverne ammonimento per evitare nuove tragedie”.
Monito rinnovato anche dai presidenti delle due Regioni coinvolte, Luca Zaia e Massimliano Fedriga. Entrambi insistono sulle responsabilità dell’uomo e sul mancato ascolto delle comunitò locali: “È stato definito disastro, tragedia. È l’esempio del bieco interesse dell’uomo che ha voluto piegare la natura”, ha detto il governatore del Friuli Venezia Giulia; “Oggi è la giornata delle vittime ‘causate dall’incuria dell’uomo, dovrebbe diventare la giornata delle vittime causate ‘dal delirio di onnipotenza dell’uomo”, ha denunciato il presidente del Veneto.