Milano, 29 set. (askanews) – Uno degli artisti più attenti al tema delle nuove tecnologie e del modo in cui queste impattano la nostra vita: Trevor Paglen è stato protagonista del terzo appuntamento del progetto “Visioni diacroniche”, nato dalla collaborazione tra BAM – Biblioteca degli Alberi di Milano e Volvo Studio. Per l’occasione è stato presentata l’opera “Bloom”. “È un lavoro che prova a guardare il mondo in modi diversi – ha spiegato Paglen ad askanews – e prova a ragionare sul fatto che sempre più spesso vediamo il mondo attraverso lo sguardo delle macchine. Quindi il punto è che cosa significa questo, che cosa possiamo imparare guardando il mondo attraverso le macchine e su cosa invece ci rendono ciechi”.
L’Intelligenza artificiale e la nostra relazione con la tecnologia sono luoghi classici della ricerca dell’artista americano, affrontati dall’interno e alla luce anche delle ripercussioni che la pervasività tecnologica ha a livello sociale. E Paglen, con il suo lavoro, pone domande che oggi sono cruciali. “Cosa significa vivere in una società nella quale ci sono videocamere ovunque che analizzano i nostri movimenti, il nostro battito cardiaco, il nostro respiro, il nostro stile di guida… e tutto questo per ricavare valore, per guadagnare con quello che vedono – ha aggiunto -. E, spingendosi ancora un po’ oltre, cosa significa vivere in un ambiente mediatico nel quale i media sono realizzati esattamente per ciascuno di noi come individuo e quali conseguenze questo può avere sulla nostra salute mentale collettiva”.
L’arte contemporanea spesso opera a livello culturale per poi approdare a esiti più larghi. Ma, anche nel caso di Trevor Paglen, al centro restano la pratica e la postura dell’artista. “Poiché il mondo è in continuo cambiamento ed evoluzione – ha concluso – devi continuamente evolvere anche tu, devi continuamente imparare e questa è una delle cose più divertenti dell’essere un artista”.