Roma, 18 set. (askanews) – Il 70% delle donne con tumore ovarico conosce già la malattia prima della diagnosi: un netto ribaltamento della percentuale rispetto a 10 anni fa, dove appena il 30% ne aveva sentito parlare. Meno di tre pazienti su dieci, però, scelgono di curarsi in un centro specializzato per questa neoplasia, ignorando quanto tale decisione possa fare la differenza nel percorso di cura. Ancora: il 70% delle pazienti scopre il tumore quando è già in fase avanzata a causa di sintomi aspecifici e per la mancanza di strumenti di screening efficaci. Sono alcuni dei risultati dell’indagine condotta da ACTO Italia su oltre 100 pazienti sul territorio nazionale e contenuti in ‘Cambiamo rotta’, il primo libro bianco illustrato di voci, bisogni e proposte delle donne con tumore ovarico che è stato presentato al Ministero della Salute. Il libro, con la prefazione del ministro della Salute, Orazio Schillaci, è stato realizzato grazie al contributo di oltre 20 professionisti, tra clinici ed esperti, e alle testimonianze di 9 donne che raccontano il proprio viaggio lungo il percorso di diagnosi e cura.
“Cambiamo rotta – ha spiegato ad askanews Nicoletta Cerana Presidente ACTO Italia – è forse il progetto più importante per Acto perché ci vede a collaborare insieme, clinici ed istituzioni, a questo libro bianco con il quale vogliamo dare nuovo slancio alle cure per il tumore ovarico. Un primo slancio lo avevamo dato quando siamo nate 13 anni fa. Questo libro bianco – ha aggiunto – nasce proprio per affrontare nuovi bisogni che sono emersi da una ricerca quantitativa fatta su oltre 100 pazienti dalla quale emerge che ci sono alcuni
vecchi bisogni non soddisfatti, è il caso della diagnosi precoce che oggi ancora non esiste'”
L’incontro è stata l’occasione per una discussione tra clinici, rappresentanti istituzionali, associazioni di pazienti ed enti di ricerca e cura, per individuare strategie per una più efficiente e omogenea presa in carico delle donne con tumore ovarico. “Quando abbiamo donne giovani con diagnosi di tumori ginecologici – ha sottolineato Robert Fruscio, Professore Associato Università Milano-Bicocca – è ovvio che il primo pensiero va sempre alla possibilità di preservare la fertilità. Il punto importante è che queste donne però devono rivolgersi a centri che siano attrezzati con equipe multidisciplinari e che abbiano competenza specifica su questo tema”.
I test rappresentano un requisito essenziale per garantire a ogni paziente una strategia terapeutica personalizzata. “Siamo a un punto in cui dobbiamo ancora lavorare tanto – ha concluso Umberto Malapelle, docente all’Università degli Studi Federico II di Napoli – perché esistono questi test, è possibile eseguirli, stiamo lavorando affinché se ne possa avere un più largo accesso a tutte le pazienti, dobbiamo lavorare per la rimborsabilità aspettando nuove nomenclature che introducano il Comprehensive genomic profiling, ovvero test effettuati con tecnologie complesse che però oggi abbiamo a disposizione in molti istituti d’Italia e che fortunatamente possiamo offrire ai pazienti. Aspettiamo ma siamo sulla buona strada”.
Il progetto ‘Cambiamo rotta’, presentato alla vigilia della Giornata Mondiale dei Tumori Ginecologici il 20 settembre, ha per madrina Nancy Brilli, che con emozione ha raccontato la sua storia ed il suo percorso dalla diagnosi alla cura. Un momento di condivisione molto sentito da tutto il pubblico in sala. E’ promosso con il patrocinio di ACTO Italia, Alleanza contro il Tumore Ovarico ETS, e sponsorizzato da GSK e Roche. Ha inoltre ricevuto il patrocinio di AIOM (Associazione Italiana Oncologia Medica), MaNGO (Mario Negri Gynecologic Oncology group), MITO (Multicenter Italian Trials in Ovarian cancer), Salute: un bene da difendere un diritto da promuovere, SIC (Società Italiana di Cancerologia), e l’adesione delle Associazioni Loto e Mai più sole.