Roma, 28 ago. (askanews) – Non è facile sapere quale sia il clima nelle fabbriche cinesi, alla luce del rallentamento della crescita economica. Ma, a quanto scrive oggi il Nikkei Asia sulla base di notizie fornite dall’ong China Labour Bulletin, sulla piattaforma di short video Douyin (la versione cinese di TikTok) sono apparsi molti video he mostrano proteste di lavoratori.
All’inizio di quest’anno, un utente di nome Jingjing’s Memory ha pubblicato un video di operai in piedi davanti al cancello della Huijuchang Textile nella città di Jiangyin. Il testo sovrapposto al filmato recitava: “Il posto in cui ho lavorato per oltre 20 anni ha cessato l’attività, ora non ho né previdenza sociale né soldi”.
Oltre a questo, sono decine le segnalazioni raccolte in una “Strike Map” compilata dal China Labour Bulletin.
“Gli scioperi dei lavoratori hanno raggiunto un nuovo livello dopo la pandemia”, ha detto a Nikkei Asia Aidan Chau, ricercatore del CLB. “Molte proteste sono legate al rallentamento della domanda nel commercio internazionale.”
Molti video seguono lo stesso formato di quello di Huijuchang Textile, mostrando i lavoratori in piedi davanti al cancello di una fabbrica con didascalie che chiamano l’azienda per salari arretrati non pagati o per il rifiuto di pagare la previdenza sociale dei lavoratori. I commenti sotto i video spesso menzionano altre fabbriche che hanno fatto la stessa cosa ai propri lavoratori. Alcuni video addirittura denunciano l’Ufficio cinese del lavoro per non essere intervenuto in aiuto.
Scioperi e proteste sono aumentati notevolmente nel 2023, secondo un rapporto del CLB che ha contato 789 casi fino a oggi rispetto agli 830 dell’intero 2022. Di questo passo, il CLB prevede che potrebbero esserci almeno 1.300 proteste da parte del fine anno.
Le proteste nel settore delle costruzioni hanno costantemente costituito un maggior numero di casi, ma quest’anno il settore manifatturiero sta vivendo anch’esso una fase di crisi. Il CLB ha riscontrato 10 proteste nel settore manifatturiero a gennaio e un picco di 59 a maggio.
Secondo il rapporto, le proteste sono state “scatenate da un’ondata di chiusure e delocalizzazioni di fabbriche” nelle regioni costiere della Cina, come la provincia del Guangdong.
I lavoratori delle fabbriche di elettronica e abbigliamento sono stati i più colpiti, con 66 proteste nelle fabbriche di elettronica e 38 nelle fabbriche di abbigliamento e abbigliamento nei primi sei mesi, che hanno rappresentato oltre la metà di tutte le proteste del settore manifatturiero, secondo CLB.
Secondo i dati doganali ufficiali, le esportazioni cinesi sono diminuite del 14,5% a luglio rispetto allo scorso anno, il calo più grande del paese nelle spedizioni in uscita dall’inizio della pandemia. Le importazioni sono diminuite del 12,4%.