Milano, 1 ago. (askanews) – È iniziata la campagna di trasformazione del pomodoro 2023, che si annuncia all’insegna delle difficoltà. Da un lato, lamenta l’Associazione nazionale industriali conserve alimentari vegetali, la costante crescita dei costi di produzione, in particolare quelli della materia prima e degli imballaggi, dall’altro la contrazione dei consumi generata dalle tendenze inflattive, che avranno effetti molto negativi sulle marginalità delle imprese. La combinazione di fattori “preoccupa notevolmente” il comparto.
Per questa campagna di trasformazione, in Italia sono stati messi a coltura circa 68.600 ettari, con un incremento del 5% rispetto al 2022. Sulla base di questi dati e considerando le rese storiche, è possibile prevedere una produzione di circa 5,6 milioni di tonnellate. “Naturalmente – precisa Anicav – si tratta di stime e il volume delle produzioni dipenderà sia dalle rese agricole che da quelle industriali, anche in ragione della qualità della materia prima conferita. Su di essa l’attenzione dell’industria resta alta dovendo garantire un prodotto finito che rispetti gli elevati standard dei derivati del pomodoro. Rimane l’incognita maltempo, col rischio del continuo susseguirsi di eventi estremi (pesanti grandinate, ondate di calore, ecc.) che hanno già avuto e potrebbero ancora avere importanti effetti sulle coltivazioni e quindi sulla produzione industriale”.
“Gli incrementi dei prezzi a scaffale degli ultimi mesi nella maggior parte dei casi non si sono tradotti in maggiori profitti, e serviranno solo a coprire parzialmente i costi in continua crescita – afferma il presidente di Anicav, Marco Serafini – Penso in particolare al prezzo riconosciuto alla parte agricola per la materia prima che ha visto aumenti fino al 40% rispetto allo scorso anno, portando il prezzo medio di riferimento del pomodoro tondo a 150 euro a tonnellata sia al nord che al sud. Una situazione non facile per le nostre aziende”.
“Sarà difficile, per non dire impossibile, recuperare i costi di produzione alle stelle. Si profila un’annata commerciale particolarmente complicata, ma confidiamo nelle capacità di resilienza dei nostri imprenditori che, ancora una volta, faranno il possibile per evitare che questo trend si ripercuota eccessivamente sui consumatori finali. Nonostante gli aumenti, le conserve rosse continuano ad avere prezzi assolutamente accessibili anche grazie agli sforzi del comparto. Non è difficile rendersi conto di quanto costi preparare un piatto di pasta al pomodoro rispetto a una semplice colazione al bar, tra l’altro con evidenti differenze in termini di valori nutrizionali – conclude Giovanni De Angelis, direttore generale di Anicav – Dal canto nostro, garantiamo come sempre il massimo impegno per la tutela e la valorizzazione di una filiera da primato”.
Quella del pomodoro da industria rappresenta la più importante filiera italiana dell’ortofrutta trasformata, con un fatturato complessivo (2022) di 4,4 miliardi di euro (3,3 miliardi generati dalle aziende associate ad Anicav), circa 10.000 lavoratori fissi e oltre 25.000 lavoratori stagionali, cui si aggiunge la manodopera impegnata nell’indotto.
L’Italia, terzo trasformatore mondiale di pomodoro dopo gli Usa e poco distante dalla Cina, resta primo trasformatore di derivati destinati direttamente al consumo finale, rappresenta il 14,8% della produzione mondiale (pari a 37,3 milioni di tonnellate) e il 56,5% del trasformato europeo.