Milano, 13 lug. (askanews) – Un’azienda come illycaffè ha un ruolo sociale, per questo deve darsi obiettivi che vanno al di là del profitto, coniugando il valore ai valori, sociali, etici e ambientali. Le parole dell’amministratore delegato di illycaffè, Cristina Scocchia, riassumono efficacemente il pensiero strategico sulla sostenibilità dell’azienda triestina. In esso c’è il passato, quello seminato dalla gestione visionaria di Ernesto Illy, il presente, quello di una crescita sostenibile e quindi duratura, ma anche il futuro di un’azienda determinata a sbarcare in Borsa col ‘suo Dna che unisce il buono, il bello e il ben fatto’.
Quando a gennaio 2022 Cristina Scocchia è arrivata alla guida di illycaffè ha trovato un percorso per la sostenibilità che in realtà era già iniziato con Ernesto Illy ‘decenni fa, quando di sostenibilità aziendale ancora non si parlava’. ‘Allora lui diceva che l’obiettivo dell’azienda deve essere quello di creare e distribuire valore per tutta la filiera, un pensiero molto contemporaneo oltre che molto bello – ha detto in questa intervista ad askanews – Decenni fa illycaffè ha avviato un rapporto stretto con i coffee growers, i coltivatori di caffè nei Paesi dove nasce la nostra arabica e iniziato a creare valore per loro in due modi: da un punto di vista dell’agricoltura, con la condivisione delle tecniche agronomiche, che più di recente sarebbero state chiamate di agricoltura generativa e circolare. E da un punto di vista dell’impegno nei confronti della comunità, con una serie di forme di sostegno ai coltivatori di caffè. Questo era il principio iniziale che nel corso degli anni si è evoluto così come si è evoluto il pensiero strategico sulla sostenibilità’.
‘Personalmente – rimarca Scocchia – ritengo che il ruolo dell’azienda sia un ruolo sociale e quindi credo fortemente che quello che diceva Ernesto Illy sia ancora valido: dobbiamo avere un obiettivo che vada al di là del profitto e dobbiamo coniugare, in maniera specifica e rilevante per i nostri tempi, il valore con i valori, quindi coniugare il valore economico finanziario, perchè non siamo una azienda no profit, con i valori etici, sociali, morali e ambientali. E fare questo in modo da avere un impatto non solo sulle comunità dei growers ma anche sulle comunità di sbocco’. Perchè oggi ‘il grande cambiamento rispetto al passato è che oltre a continuare a supportare quei Paesi, cosa che continueremo a fare, aiuteremo anche i mercati di sbocco’.
Sono diversi i progetti sul campo finanziati da illycaffè, che nel 2021 è diventata la prima azienda italiana del caffè ad ottenere la certificazione B Corp. Ci sono progetti pensati per comunità di coltivatori di caffè in giro per il mondo ma anche a sostegno di molte realtà del nostro territorio, finanziate direttamente dall’azienda o dalla Fondazione che porta il nome di Ernesto Illy. ‘Quando parliamo di growers parliamo sicuramente di latifondisti che viaggiano in business, che sono cresciuti in America e fanno studiare a Stanford i propri figli, però poi ci sono coloro che nelle piantagioni fanno i contadini, che vivono una realtà diversa: per loro avere un medico o una scuola dove mandare i figli è una sfida – racconta Scocchia – Per questo per esempio in Costarica la fondazione Ernesto Illy ha finanziato un progetto che si chiama Casa de la Alegría. Durante il periodo di raccolta in Costarica, 15mila famiglie panamensi attraversano il confine per prestare lavoro come raccoglitori delle piantagioni di caffè. Questo crea un rischio elevato di lavoro minorile, perchè queste famiglie portano con sé i figli e noi non vogliamo che lavorino nelle piantagioni. Per questo si sono sviluppate nel corso degli anni 15 strutture sul territorio che forniscono assistenza sanitaria, un servizio educativo e, non dobbiamo dimenticarlo, assicurano quattro pasti al giorno. Per queste famiglie garantire ai propri figli una doccia calda e pasti durante il giorno diventa importante’. In Brasile, invece, illycaffè offre il suo supporto delle bambine: ‘A Cerrado Mineiro c’è una associazione di donne volontarie che raccolgono 40 bambine tra i 4 e i 14 anni, figlie di ragazze madri o di famiglie poverissime. Sappiamo quanto essere donna in alcune parti del mondo esponga a rischi come la prostituzione giovanile – prosegue l’ad – ma queste strutture danno loro colazione, pranzo, merenda e ogni tanto la cena da portare a casa. E durante la giornata aiutano queste bambine con i compiti, con piccoli corsi di danza, cucito, ricamo. Quando sono stata a trovarle, sono stata accolta con grande calore da queste bimbe di cui colpisce l’allegria nonostante il contesto difficile. E quando, alla fine del saggio, ho chiesto loro cosa trovassero più bello di quella scuola, la più grandicella mi ha detto: ‘La cosa che ci piace di più è che ci danno tutti i giorni colazione, pranzo e merenda e ci permettono di fare la doccia che molto spesso è anche calda. Uno non ci pensa mai, ma dobbiamo ricordarci che ci sono posti dove farsi la doccia tutti i giorni non è scontato’.
L’attenzione alle comunità locali, dove si coltivano i nove tipi di arabica che finiscono ogni giorno in otto milioni di tazzine di caffè in tutto il mondo, non esaurisce l’impegno sociale di illycaffè. ‘C’è anche un’altra attività su cui stiamo investendo molto negli ultimi 12-18 mesi – spiega l’ad – per rafforzare di più il nostro legame con i mercati in cui operiamo, in particolare quello italiano e quello americano che sono per noi i più importanti’. Qui gli esempi che porta Scocchia sono due: la collaborazione con l’Istituto europeo di oncologia e quella con il Fondo ambiente italiano. ‘Ad aprile abbiamo lanciato una collaborazione con lo Ieo. Ci siamo resi conto che chi vuole una seconda opinione quando scopre di avere una malattia oncologica, la deve sempre pagare – osserva – L’Ieo la offre ma a 500 euro, un prezzo che non tutti si possono permettere, per cui per il 2023 abbiamo deciso di pagare una second opinion a chiunque abbia avuto una diagnosi oncologica sperando di dare una serenità o una certezza in più a chi vive questo momento così difficile’. E poi c’è la collaborazione col Fai: ‘Ci sono tante cose che sono ambiente, tra queste valorizzare il patrimonio italiano – ha detto – con questa donazione al Fai vogliamo contribuire a preservare questo patrimonio infinito che è uno dei nostri punti di forza come italiani’.
Ma il ruolo sociale ‘deve iniziare nella tua azienda per poi allargarsi alla comunità in cui operi e in maniera concentrica a tutto il mondo. Tutto parte dalle nostre persone e non a caso parlo di persone e non di donne’. E qui Scocchia affronta un tema che l’ha vista a lungo impegnata nella sua carriera: ‘L’annosa questione di conciliare il lavoro con la famiglia deve smettere di essere un problema femminile – afferma – Noi donne avremo un problema fin quando gli uomini penseranno che possono fare carriera ed è perfettamente lecito, mentre noi ci dobbiamo sentire in colpa perchè dobbiamo occuparci di entrambe le cose’, lavoro e famiglia. ‘Se più aziende nel loro piccolo passano il messaggio che la cura della famiglia, della casa e degli anziani spetta a entrambi facciamo un’opera di divulgazione culturale importante: la carriera possono farla uomini e donne’, ribadisce elencando alcune iniziative per i dipendenti messe in campo da illycaffè, dai ‘contributi per asili nido per le famiglie con bambini in età, alla flessibilità in entrata e in uscita, alla policy per lo smartworking con la possibilità di due giorni lavorativi alla settimana da casa. Abbiamo anche una copertura assicurativa che è tra le più sofisticate che abbia mai visto in Italia: un’assicurazione per tutto ciò che riguarda spese mediche e screening che copre tutti, dal dirigente all’operaio della tosteria di Trieste’.
Quanto valga in termini economici questo impegno non lo dice ma ci tiene a precisare che ‘noi lo consideriamo un investimento e non una spesa e soprattutto lo consideriamo un nostro dovere: la leadership è responsabilità e quando sei in quella posizione, come persona e come azienda, ti devi impegnare a lasciare quel piccolo mondo, quella comunità migliore di come l’hai trovata. Noi consideriamo questo come un nostro dovere che comporta dei costi ma fa parte dell’autenticità di chi siamo – conclude – noi non facciamo storytelling ma storydoing’.