Roma, 10 lug. (askanews) – Quando si manifesta comporta perdita di memoria, deficit di attenzione concentrazione e problemi di linguaggio. Per questo si chiama “brain fog”, perché è simile a una nebbia mentale, che genera anche disturbi del sonno e difficoltà a condurre normali funzioni quotidiani. Nonostante molti di questi sintomi siano curati, spesso non è facile ricondurli all’infezione da Covid, perché a oggi non esiste ancora un protocollo per la presa in carico di pazienti affetti da Pasc, ossia le sequele post-acute dell’infezione da Sars Cov 2.
Prendersi cura di quei pazienti che, a distanza di mesi e anche anni dal contagio, ne sono colpiti è l’obiettivo principale di Pascnet, il progetto scientifico “La sindrome post-Covid: far fronte a una nuova emergenza di sanità pubblica con una gestione innovativa e il network building”, di cui l’Università Cattolica del Sacro Cuore è capofila, e finanziato da Fondazione Cariplo nell’ambito del bando “Networking, ricerca e formazione sulla sindrome post-Covid”. «Dall’inizio della pandemia ci sono stati 46mila decessi con Covid. E un totale di contagi, i cosiddetti casi positivi, pari a oltre 4milioni e 200mila. Tuttavia, ancora poco si sa che cosa succeda ai pazienti dopo la guarigione dal Covid», spiega Claudio Lucifora, direttore del Centro di ricerca sul Lavoro “Carlo Dell’Aringa”, coordinatore del progetto cui collaborano anche altri due atenei, l’Università degli Studi di Milano-Bicocca e l’Università degli Studi di Pavia.
«Il disegno sperimentale del progetto è articolato in due fasi: la prima prevede uno studio retrospettivo, basato sui dati di flusso dei pazienti ospedalizzati durante il Covid; la seconda consiste in uno studio prospettico, in cui i pazienti Covid vengono richiamati dalle strutture sanitarie dove vengono sottoposti a una serie di accertamenti diagnostici finalizzati a caratterizzare meglio le sequele post-acute dell’infezione da Covid».
Pascnet, che ha preso il via nell’ottobre del 2022, punta a creare un network tra agenzie di tutela della salute (ATS), aziende socio-sanitarie territoriali (ASST), istituti di ricovero e cura a carattere scientifico (IRCCS), cooperative di medici di medicina generale (IML) e Università per contribuire a migliorare le attuali conoscenze da una prospettiva epidemiologica, clinica e di salute pubblica. «Questo approccio multidisciplinare è cruciale per la progettazione di piani di diagnostica e presa in carico per il monitoraggio e gestione della Pasc e per la loro implementazione mediante modelli gestionali innovativi», osserva il professor Lucifora. Inoltre, «il progetto intende valutare l’impatto della pandemia sulla contrazione nell’erogazione di servizi sanitari, in particolare quelli ambulatoriali e di screening, e sulla gestione dell’assistenza ai pazienti fragili, in modo da poter individuare priorità di intervento, specialmente per soggetti con cronicità e /o fragilità».
Tra le finalità del progetto scientifico, che terminerà nel 2024, c’è la strutturazione di un sistema informativo; la valutazione dell’impatto della pandemia sul Sistema sanitario, in termini di riduzione dell’offerta di servizi e mancata prevenzione, così da poter proporre piani d’azione fondati e strutturati, sia per il ripristino delle attività, sia per la costituzione di una resilienza di Sistema a eventi dirompenti; lo sviluppo di piani di intervento per la gestione della PASC da parte del Sistema sanitario, che possano gestire presa in carico, cura e follow-up a lungo termine dei pazienti.
Il network del progetto è composto da 18 partner. Assieme ai tre atenei coinvolti, collaborano, sette Agenzie di tutela della salute (ATS Milano, ATS Valpadana, ATS Bergamo, ATS Brescia, ATS Brianza, ATS Montagna, ATS Pavia); otto Aziende Socio-Sanitarie Territoriali e IRCCS (ASST Lodi, ASST Milano-Ovest, ASST Crema, ASST Garda, ASST Franciacorta, ASST Valcamonica, ASST Pavia e IRCCS Policlinico San Matteo), sei portatori di conoscenza e la cooperativa Iniziativa Medica Lombarda (IML) in rappresentanza dei medici di medicina generale (MMG).