Milano, 4 lug. (askanews) – Nel 2022 il settore avicolo, che comprende carni bianche e uova, ha realizzato un fatturato di 7,4 miliardi, un risultato in crescita del 24,5% rispetto a 5,9 delll’anno prima. A fronte di questo incremento a valore per la filiera, invece, la produzione di carne avicola è calata dell’11,2% con 1,22 milioni di tonnellate di carne prodotta e la produzione di uova del 2,5% a 11,8 miliardi. Anche sul fronte dei consumi si è registrato un calo che a livello pro-capite è stato pari al 4,3% sul 2021, in prevalenza di tacchino, passati da 21,43 a 20,5 chili. Per le uova invece il consumo pro-capite è stato di 227, in aumento del 7,4%.
A spiegare i numeri registrati lo scorso anno dal comparto, Antonio Forlini, presidente di Unaitalia, in occasione dell’assemblea dell’associazione nazionale delle carni bianche italiane, che conta 64mila addetti: “L’avicoltura italiana si trova di fronte a uno scenario complesso. In conseguenza del calo produttivo dell’11,2%, nel 2022, per la prima volta abbiamo rischiato di perdere la nostra storica autosufficienza a causa degli effetti dell’aviaria, che ha provocato danni al settore per 262 milioni di euro da ottobre 2021 a maggio 2022 e ci siamo trovati a perdere l’8% di tasso di approvvigionamento. A queste difficoltà si sommano ora i danni dell’alluvione che ha colpito l’Emilia-Romagna, tra le regioni a più alta vocazione avicola, per più di 15 milioni di euro, il peso dell’inflazione (+7,6% a maggio dati Istat) che frena i consumi e quello dei costi produttivi (+23% nell’ultimo anno). I fatti recenti ci hanno insegnato che le conquiste del nostro settore non possono essere date più per scontate e che la gestione delle emergenze è la nuova normalità. Per questo non ci possiamo più permettere di compiere scelte sbagliate nella definizione delle politiche produttive future, soprattutto a livello europeo”. Così
Nel dettaglio nel 2022, il fatturato industriale si è diviso tra i 5,35 miliardi delle carni avicole (erano 4,83 mld nel 2021) e i 2 miliardi delle uova (1,07 mld nel 2021). Quest’anno la produzione si prevede ancora in calo del -3,3% rispetto all’anno di riferimento 2021 (quando si attestava a 1,36 milioni di tonnellate), ma in ripresa rispetto al 2022.
Durante l’assemblea sono stati affrontati anche alcuni temi relativi alla Farm to fork in attesa di revisione da parte della Commissione europea, in particolare del pacchetto di riforma delle regole sul benessere animale, della direttiva emissioni industriali e di quella sugli imballaggi, il presidente di Unaitalia ha sottolineato come “l’ipertrofia regolatoria a cui assistiamo rischia di mettere fuori gioco le nostre produzioni caricandole di maggiori costi e riducendone l’efficienza, senza che sia stata fatta una valutazione cumulativa degli impatti. Il cambiamento è possibile e duraturo se è guidato dalla scienza e mediato dal settore chiamato a generarlo, in accordo con il mercato, trovando il miglior punto di equilibrio possibile tra impatti ambientali, economici e sociali”.
Forlini plaude agli interventi dall’attuale governo in materia agroalimentare, a partire da quello che definisce un “segnale politico” sulla carne artificiale, e chiede di difendere il comparto a Bruxelles oltre a misure che ridiano potere di acquisto ai consumatori. “Basta attacchi ideologici e un ambientalismo e animalismo che nasconde interessi economici molto rilevanti. Bene, dunque, i primi provvedimenti dell’attuale maggioranza, come il segnale politico sulla carne prodotta in laboratorio, la svolta impressa sul tema delle tecniche di evoluzione assistita (Tea) che potrebbe ridurre la dipendenza dalle importazioni di materie prime per mangimi o il disegno di legge sul ‘meat sounding’. Al Governo chiediamo di proteggere in Europa un asset strategico del nostro made in Italy con meccanismi di vera reciprocità rispetto alle importazioni extra-UE, la difesa della sicurezza alimentare per i nostri consumatori, periodi di adeguamento alle nuove regole congrui e ben sostenuti – ha detto – E’ necessario procedere spediti sulla strada delle riforme, con l’attuazione efficace del Pnrr e con alcuni strumenti come i contratti di filiera, l’agrivoltaico e la transizione digitale. Occorre rendere l’Italia un paese più competitivo con l’auspicata riduzione del cuneo fiscale e con interventi pro-consumi erosi dall’inflazione, come la riduzione dell’IVA al 4% che garantirebbe a tutti l’accesso a carni bianche e uova, le proteine più democratiche sul carrello della spesa”.
Durante l’assemblea sono stati ribaditi alcuni passi fatti avanti dall’avicoltura italiana come l’uso degli antibiotici, sceso, secondo dati Ema Evsac, del 90% dal 2011 al 2020, o il dato sulle emissioni di Co2 della produzione avicola italiana che secondo la Fao sarebbe circa il 50% in meno di Co2 rispetto alla media mondiale (Fonte: Faostat). Il 62% della produzione avicola in Italia, inoltre, riporta informazioni volontarie aggiuntive in etichetta disponibili al consumatore. Di queste, il 52% riguarda l’uso di luce naturale e il 50% degli arricchimenti ambientali. La densità inferiore ai limiti di legge è indicata dal 30% degli aderenti al Disciplinare, mentre il 6% della produzione usa razze “a lento accrescimento”. Il 28% dei prodotti che riportano informazioni aggiuntive in etichetta (uno su tre) risponde infine a standard di “maggiore benessere”, ovvero sono garantite contemporaneamente in allevamento densità ridotte, arricchimenti ambientali e/o disponibilità di luce naturale. Per le uova da consumo il passaggio a produzioni cage free sugli allevamenti delle filiere aderenti ad Unaitalia, inclusi quelli in soccida, supera l’80%.
“Le recenti esperienze sui dossier strategici per il settore – ha aggiunto Forlini – ci insegnano che non possiamo continuare a dipendere dagli studi di centri di ricerca e università, molto spesso del nord Europa, che si ispirano a modelli diversi dal nostro e che sono presi a riferimento nel processo decisionale europeo. Valorizziamo le nostre eccellenze anche in campo scientifico con un polo del made in Italy della ricerca nell’agroalimentare: una rete unica tra Istituti zooprofilattici, che sono un unicum italiano, università e centri di ricerca che ne coordini il lavoro per essere più visibili e competitivi nelle sedi che definiscono le policy europee”.