Roma, 17 apr. (askanews) – Giovedì 20 aprile, alle ore 15, si terrà presso la Hall del Policlinico Gemelli il convegno ‘Parliamo di emofilia’ aperto al pubblico, durante il quale gli esperti del Gemelli presenteranno le novità di trattamento, sottolineando sempre l’importanza della relazione medico-paziente Migliorare l’accesso al trattamento e la presa in carico dei pazienti è il tema intorno al quale si snodano le iniziative dedicate alla Giornata Mondiale dell’Emofilia 2023. E l’Italia è un ottimo esempio di come prendersi cura nella maniera migliore delle persone con un disturbo della coagulazione, grazie alla rete dei centri AICE (Associazione Italiana Centri Emofilia) diffusa su tutto il territorio nazionale, e della rete dei centri di riferimento per le malattie emorragiche congenite (MEC) istituita dalla Regione Lazio, delle quali anche la Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS fa parte. L’emofilia interessa circa 5 mila persone nel nostro Paese (4 mila con emofilia A e poco meno di mille con emofilia B). Si tratta di una patologia antica (ne parla anche il Talmud babilonese), che ha bisogno di expertise moderne, sia sul piano dell’organizzazione dell’assistenza, che della scelta del trattamento migliore per un determinato paziente, che spesso è un bambino. Questa patologia, estremamente complessa, è dovuta alla mancanza totale o parziale di alcuni fattori della coagulazione; la sua gestione richiede una notevole expertise e un’équipe dedicata. E al Gemelli i pazienti hanno a disposizione tutto, dalla diagnosi, anche la più avanzata, alle terapie, grazie a équipe di specialisti che coprono tutte le fasce di età, da quella pediatrica, agli adulti, senza gap di transizione. La buona notizia è che la ricerca farmacologica sta facendo passi da gigante e che all’orizzonte ci sono anche tante importanti novità. Ne abbiamo parlato con Raimondo De Cristofaro, Direttore UOSD Malattie emorragiche e trombotiche Policlinico Universitario A. Gemelli IRCCS, professore associato di medicina interna all’Università Cattolica, e con la dottoressa Maria Basso, UOSD Malattie Emorragiche e Trombotiche Policlinico Gemelli. “Negli ultimi anni – spiega il professor De Cristofaro – la qualità di vita dei pazienti è nettamente migliorata, grazie all’introduzione di trattamenti che consentendo una migliore aderenza alla terapia, hanno determinato una netta riduzione delle complicanze emorragiche. A rivoluzionare il trattamento hanno contribuito soprattutto i farmaci long acting. I nuovi farmaci per la terapia sostituiva sono delle formulazioni di fattore VIII ‘modificato’ per prolungarne la sopravvivenza nel sangue. Questo permette di limitare le somministrazioni di questi farmaci ad appena 1-2 volte a settimana (fino a poco tempo fa, era necessario infonderli 3-4 volte a settimana”. Un’altra novità riguarda la strategia terapeutica: ormai in tutti i pazienti si è adottata la terapia ‘profilattica’ fissa, riservando quella ‘al bisogno’ solo alle forme lievi. “La terapia con fattore VIII – spiega il professor De Cristofaro – oggi viene effettuata al bisogno solo per le forme più lievi di emofilia (cioè ai pazienti che hanno almeno il più del % del ‘corredo’ normale di fattore VIII) e viene fatta in caso di sanguinamento, in occasione di traumi o prima di un intervento chirurgico. Tutte le forme moderato-severe (1-5% di FVIII) devono invece fare la terapia profilattica con una schedula terapeutica personalizzata”. Un’altra importante novità, arrivata da 2-3 anni, riguarda l’arrivo di terapie ‘fattore VIII – mimetiche’. “Si tratta di immunoglobuline – spiega il professor De Cristofaro – che ‘mimano’ l’attività del fattore VIII, senza esserlo. La grande novità di queste terapie è che vengono somministrate sottocute (le altre sono endovena); erano destinate inizialmente solo ai pazienti con ‘inibitori’ (il trattamento con fattore VIII può provocare la formazione da parte dell’organismo di anticorpi – i cosiddetti ‘inibitori’ – contro il fattore VIII, che ne riducono o ne bloccano l’efficacia), ma da circa un anno sono disponibili anche in prima linea per i pazienti senza inibitori. Trattandosi di una terapia a somministrazione sottocute, molto patient friendly, è particolarmente adatta ai bambini o agli adulti che abbiano difficoltà a fare la somministrazione del farmaco endovena”. Ma le innovazioni terapeutiche non si esauriscono qui. “È atteso a breve – anticipa il professor De Cristofaro – l’arrivo di terapie ‘super long-acting’, somministrabili solo una volta a settimana per via endovenosa. E più in là c’è anche la frontiera della terapia genica, ancora in fase di perfezionamento per l’emofilia A e B”. “Al Gemelli – ricorda la dottoressa Basso – riusciamo a seguire il paziente in tutte le fasi, dalla diagnosi alla terapia; chi arriva da noi, trova non solo tuti i possibili esami diagnostici, anche quelli più avanzati come il sequenziamento genico, ma anche tutte le possibilità terapeutiche, comprese quelle di ultimissima generazione. Seguiamo circa 60 pazienti con emofilia e un centinaio affetti da malattie emorragiche. I più piccoli li seguiamo in collaborazione con Ilaria Lazzareschi della UOC di Pediatria, che poi sono completamente affidati a noi una volta diventati adulti, senza soluzione di continuità”.