Torino, 12 apr. (askanews) – Le figure sembrano provenire da una dimensione altra, forse da sogni perduti, forse da geografie mitologiche che sono appartenute un tempo a Goya e poi ai surrealisti. Ma che ora prendono una nuova postura in una mostra alla Fondazione Sandretto Re Rebaudengo di Torino. L’artista è la canadese Ambera Wellmann e la mostra si intitola, in riferimento ai silenzi che vivono nello spazio tra i frammenti delle poesie di Saffo, “Antipoem”. Come l’antimateria che, alla fine, permette alla materia di esistere e di essere ciò che è, così l’antipoema è a suo modo la giustificazione stessa della poesia. Nel caso della pittura di Wellmann i silenzi potrebbero essere quelli che lo spettatore è chiamato a colmare quando si trova di fronte a questi grandi quadri enigmatici, che sono alimentati da una narrazione scomposta e dalle moltissime diverse strade che si possono battere per raccontarli.
Le figure di Wellmann – spiegano dalla Fondazione – si disintegrano nel loro ambiente; in questo contesto, l’oscurità è sia metafora di vulnerabilità, sia atmosfera rarefatta potenzialmente illimitata, in cui i confini del corpo possono scomparire.
A scomparire invece – in una pittura dove torna spesso il motivo del Minotauro, simbolo dei terreni di indagine dell’artista, ossia la paura, il potere e il disordine – a scomparire, si diceva, sono le nozioni di tempo e di spazio. Si impongono invece al loro posto il caso, gli errori, le rielaborazioni. Insomma, il processo, il divenire dell’arte che vive di metamorfosi, come nei quadri di Wellmann, e che in questo caso ci parla sostanzialmente della nostra fragilità.
E in “Antipoem” gli opposti si attraggono e convivono all’interno di una più grande e collettiva aspettativa di catastrofe che si sovrappone, fino a coincidere, con il desiderio di un futuro alternativo.