Venezia, 31 mar. (askanews) – Esplosioni di luce e colore, una fortissima consapevolezza dello spazio e una pittura venata di “veggenza”. Edmondo Bacci oggi non è uno dei nomi di artisti del 900 più noti al grande pubblico, ma la mostra che è stata presentata alla Collezione Peggy Guggenheim di Venezia ci permette di reincontrare la forza dell’artista veneziano, nato nel 1913 e morto nel 1978, che proprio la collezionista americana aveva scoperto per prima.
“Quando incontra Bacci e vede le sue pitture – ha detto ad askanews la direttrice della Collezione Peggy Guggenheim, Karole P. B. Vail – Peggy se ne innamora, le paragona addirittura alle tele di Kandinskij, che amava molto. Quindi comincia a sostenerlo in maniera molto entusiasta, vende i suoi quadri in America e ci sono direttori di musei americani come Alfred Barr che compra un’opera che oggi abbiamo qua in mostra. E dunque lo aiuta moltissimo”.
La mostra è intitolata “L’energia della luce” e intende approfondire la parte più lirica dell’opera di Bacci, nel momento più internazionale della sua carriera, gli anni Cinquanta, quando è già affermato negli ambienti legati allo Spazialismo di Lucio Fontana e tra gli artisti contemporanei più innovativi a livello nazionale. “Qual è la teoria principale di Fontana: in fondo – ci ha detto la curatrice della mostra, Chiara Bertola – lui dice che tutto è fare spazio, quindi occorre riuscire a liberarsi, occorre costruire spazio facendolo e non soltanto rappresentandolo. Quindi questa è una dimensione molto importante, che però gli artisti veneziani continuano a rappresentare attraverso la pittura”.
E nella pittura Bacci trova nuove strade, trova delle vere e proprie illuminazioni, come quelle legate alle sue “Fabbriche” così astratte, politiche e dense di colore o ai magnetici “Avvenimenti” degli anni successivi. Dipinti che si inseriscono nella storia dell’arte accanto per esempio a quelli di Vedova o di Tancredi, ma che prendono poi sempre una strada personale e innovativa. Tra l’altro la mostra presenta anche una serie di disegni e progetti sperimentali inediti.
“Il percorso – ha aggiunto Bertola – si incentra soprattutto sugli anni Cinquanta, io ho voluto arrivare fino al 1958, quando la Biennale gli dedica una sala. Però ho voluto mettere una sorta di cesura importante, esponendo tutte le opere concettuali che lui realizza negli anni Settanta, perché rappresentano uno slancio straordinario, che reinterpreta di nuovo quel concetto di spazio, però con materiali completamente inediti e sperimentali”.
La mostra è realizzata con sostegno di Lavazza, Institutional Patron della Collezione Peggy Guggenheim, e all’inaugurazione è intervenuta Francesca Lavazza, Board Member di Lavazza Group. “È un passo avanti rispetto alla nostra collaborazione pluriennale – ci ha detto – abbiamo iniziato nel 2017 a sostenere questo progetto a Venezia perché crediamo in questa città come luogo di formazione di una nuova classe artistica progettuale”.
L’esposizione, anche come omaggio alla venezianità dell’artista, dell’opera e del museo, si chiude con il confronto tra un’esplosione di Bacci e un Tiepolo. E noi sentiamo che, seppur in modi magari imprevedibili, tutto si tiene.
(Leonardo Merlini)