Roma, 22 mar. (askanews) – La partita del gasdotto Russia-Mongolia-Cina, che dovrebbe spostare verso l’Asia parte del gas russo un tempo diretto verso l’Europa, sembra meno vicina alla chiusura di quanto non abbia suggerito ieri il leader russo Vladimir Putin nella conferenza stampa congiunta con il presidente cinese Xi Jinping. Lo segnala oggi il South China Morning Post.
Nell dichiarazione congiunta rilasciata ieri da Mosca e Pechino, la parte che riguarda il gasdotto – conosciuto anche come Power of Siberia 2 – recita che “le due parti lavoreranno insieme per promuovere studi e consultazioni sul nuovo progetto di gasdotto Cina-Mongolia-Russia”. Si tratta di una formulazione vaga, che non esplicita alcun impegno cogente da parte di Pechino. E questo stride con l’aggermazione ben più assertiva di Putin, il quale ha detto che “praticamente tutti i parametri di quell’accordo sono stati finalizzati”, secondo il Financial Times.
Il gasdotto dovrebbe trasportare 50 miliardi di metri cubi di gas naturale all’anno dalla penisola russa di Yamal, nella Siberia occidentale, alla Cina attraverso la Mongolia. E’ da decenni che Mosca e Pechino ragionano di questa infrastruttura senza arrivare a una conclusione. Ma, con la guerra in Ucraina e il blocco all’export di gas russo nei paesi Ue, per Mosca è diventato vitale trovare uno sbocco orientale al suo gas. E questo ha accelerato le trattative.
Il ministro dell’Energia russo Alexander Novak ha dichiarato ieri che il Cremlino desidera firmare l’accordo “al più rapidamente possibile”, secondo quanto ha riferito l’agenzia di stampa ufficiale Ria Novosti. In precedenza a veva inquadrato Power of Siberia 2 come un’alternativa al Nord Stream 2, la pipeline che trasportava il gas russo in Germania e che è saltata in aria per un sabotaggio dopo lo scoppio della guerra.
Per la Cina, che è il più grande importatore mondiale di gas, il gasdotto rappresenta un progetto importante per l’approvvigionamento, ma che deve tener conto anche della variabile geopolitica. D’altronde, il conflitto in Ucraina – scrive il SCMP dopo aver interpellato esperti del settore – è un fenomeno temporaneo e l’esito di questo è ancora incerto. Da esso dipenderà anche la possibilità che riprendano le forniture russe verso l’Europa in futuro.
Attualmente la Cina riceve gas russo attraverso il gasdotto China-Russia East Route. Mosca è il secondo fornitore di gas della Cina, dopo il Turkmenistan. Power of Siberia 2 è un gasdotto più lungo e probante dell’altro che fornisce gas russo.
In un’altra dichiarazione congiunta delle due parti rilasciata stamattina in Cina, entrambe hanno affermato che consolideranno le loro partnership energetiche, anche rafforzando la cooperazione a lungo termine e promuovendo l’attuazione di progetti di cooperazione strategica. Anche questa una formulazione vaga, secondo gli esperti.
Pechino, che pure è consapevole che il trasporto via pipeline rende il gas più economico del gas naturale liquefatto (GNL), considera però il GNL trasportato via mare più sicuro e questo potrebbe non rendere necessariamente appetibile una rotta aggiuntiva con Mosca.
Negli ultimi anni la Cina ha cercato di diversificare le sue importazioni di energia. Sul gas naturale, sono in corso negoziati anche con i paesi dell’Asia centrale. In particolare si discute di un nuovo gasdotto dal Turkmenistan attraverso il Tagikistan e il Kirghizistan per alimentare la crescita economica. Pechino si è inoltre impegnata a intensificare l’esplorazione interna nella speranza di aumentare le riserve e la produzione di gas nazionali.
Secondo le proiezioni della domanda per la Cina da parte dell’Agenzia internazionale per l’energia (Aie), una volta che la linea Power of Siberia raggiungerà la piena capacità, potrebbe non aver più bisogno di un altro collegamento su larga scala con la Russia, spiega il SCMP. Nel suo rapporto World Energy Outlook 2022, l’agenzia ha affermato che la crescita della domanda di gas in Cina è sulla buona strada per rallentare al 2% all’anno tra il 2021-30, rispetto a un tasso di crescita medio del 12% all’anno dal 2010, con una preferenza da parte di Pechino per le rinnovabili e l’elettrificazione rispetto all’uso del gas per l’energia elettrica e il calore.
Nel frattempo, gli importatori cinesi hanno attivamente stipulato contratti per nuove forniture di GNL a lungo termine e l’offerta contrattuale esistente è adeguata per soddisfare la domanda prevista fino agli anni ’30 del 2030, afferma il rapporto.