Libia, analista: per ruolo primario a Italia serve nuovo approccio – askanews.it

Libia, analista: per ruolo primario a Italia serve nuovo approccio

Gen 28, 2023
Roma, 28 gen. (askanews) – Per tornare a svolgere “un ruolo di primo piano” in Libia, l’Italia dovrebbe rivedere la politica adottata negli ultimi anni, incentrata su risultati immediati “in materia di sicurezza energetica e migrazione illegale” e assumere un approccio strategico, con orizzonte ampio, che contribuisca alla stabilizzazione che serve al Paese nordafricano. Questa l’analisi di Luca Oliver Gramazio di Libya Desk, contattato da askanews in occasione della visita a Tripoli del presidente del Consiglio Giorgia Meloni, accompagnata dal ministro degli Esteri, Antonio Tajani, e dal ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi. Proprio Libya Desk aveva anticipato nei giorni scorsi la missione italiana a Tripoli in concomitanza della firma di un accordo tra Eni e l’azienda libica Noc nel settore del gas, definito “il più grande investimento nel settore energetico della Libia da oltre 25 anni”.

Secondo Gramazio, “la politica dell’Italia in Libia è guidata soprattutto dai suoi interessi energetici e dalle preoccupazioni per la sicurezza nazionale dovute ai flussi di migranti irregolari”. Due dossier che possono essere gestiti “solo attraverso un rapporto positivo e di cooperazione con gli stakeholder che controllano la capitale Tripoli in particolare, e la regione occidentale in generale, perché la principale infrastruttura di petrolio e gas di Eni si trova nel sud-ovest della Libia e nell’area costiera occidentale e i flussi migratori irregolari diretti in Italia arrivano soprattutto dalle zone costiere della regione occidentale, in particolare Zuwara, Zawiya, Sabratha e Garabulli”.

“E sebbene l’Italia sia molto ben posizionata per svolgere un ruolo di primo piano nel dossier libico – ha proseguito l’analista – dal 2011 Roma ha adottato un approccio transattivo al conflitto in Libia, concentrato soprattutto su risultati tattici immediati in materia di sicurezza energetica e migrazione irregolare, a scapito di una stabilità sostenibile e a lungo termine in Libia. Per questo l’Italia ha più volte collaborato con gruppi armati nella Libia occidentale per arginare il flusso di migrazione illegale”.

E sono state queste politiche a suscitare “molte critiche all’Italia e all’Ue più in generale, a causa della pratica di rafforzare gruppi armati accusati di tratta di esseri umani e violazioni dei diritti umani”. Si tratta di “intese e accordi in ambito migratorio con le milizie nella Libia occidentale” che hanno di fatto rafforzato “attori problematici che alla fine si sono rivelati dannosi non solo per i diritti umani, ma anche per la costruzione dello stato in Libia”, per cui “l’Italia potrebbe essere costretta a rivedere il proprio approccio transattivo di cooperazione tattica con i gruppi armati locali e a investire maggiori sforzi nello sviluppo di un piano strategico a lungo termine per stabilizzare la Libia”.

Alla domanda su una possibile visita della delegazione italiana a Bengasi dopo la tappa a Tripoli, Gramazio ha risposto che “non ci sono informazioni a riguardo”.

Nei giorni scorsi, la missione italiana a Tripoli è stata duramente criticata dal governo designato dal parlamento di Tobruk e guidato da Fathi Bashagha, che ha ammonito Eni e il governo italiano dal firmare qualsiasi accordo con l’esecutivo di Tripoli, definito “illegittimo e scaduto”. Di fatto, il mandato del governo di unità nazionale guidato da Abdul Hamid Dbeibah è terminato la scorsa estate, stando alla road map che era stata definita dal Forum di dialogo politico libico sostenuto dall’Onu e che prevedeva di tenere le elezioni nel dicembre 2021, poi rinviate. Dbeibah si è rifiutato di dimettersi, affermando che cederà la guida del paese solo a un governo eletto.

Proprio in tale contesto politico, ha sottolineato l’analista, “l’attuale approccio di Roma alla Libia si sta rivelando controproducente per le relazioni a lungo termine con la Libia nel suo insieme, perché è piuttosto divisivo”, anche se “l’Italia non è l’unico Stato il cui impegno attivo con il governo di unità nazionale poggia su basi instabili”. Gramazio ha infatti ricordato che “solo poche settimane fa la corte d’appello di Tripoli ha stabilito che l’accordo di cooperazione sugli idrocarburi firmato dal governo di Tripoli con la Turchia nell’ottobre scorso dovrebbe essere sospeso”. E nella sentenza, precisa l’analista di Libya Desk, si afferma “specificamente che il governo di Tripoli non ha giurisdizione per stipulare un tale accordo, facendo riferimento a un decreto del 2013 che vieta alle autorità di transizione di firmare qualsiasi intesa che possa avere un impatto sulle risorse naturali della Libia o sui confini sovrani/marittimi”. Una sentenza che stabilisce “un precedente per contestare la legalità di qualsiasi accordo firmato dal governo di unità nazionale con entità straniere nel campo degli idrocarburi”.

“Perseguire tali accordi energetici in Libia senza valutare adeguatamente l’impatto politico negativo che ciò potrebbe avere in tutte le parti del paese si rivelerà certamente controproducente per le relazioni a lungo termine di Roma con la Libia”, ha quindi concluso Gramazio. (di Simona Salvi)