Roma, 20 mar. (askanews) – Il governo di Taiwan ha messo a punto una serie di emendamenti legislativi alla Legge sulla mobilitazione generale, che regolerebbe la vita del paese durante un’eventuale guerra in caso di invasione della Cina. Lo riferisce oggi il Nikkei Asia.
L’amministrazione della presidente Tsai Ing-wen ha definito il mese scorso una serie di cambiamenti alla norma, dettagliando tutte le misure da prendere per rendere efficiente la catena di comando e la sicurezza nel flusso delle informazioni in caso di conflitto.
La precedente normativa era stata promulgata nel 2011 e non aveva subito particolari modifiche da allora.
La mossa di Taipei viene in un momento in cui Pechino sta stringendo la morsa su Taiwan, che considera parte integrante del suo territorio, e si susseguono pressioni da un punto di vista militare.
Lo stesso presidente cinese Xi Jinping non ha mai escluso l’uso della forza per riconquistare Taiwan e la recente invasione russa dell’Ucraina ha accresciuto le preoccupazioni nella leadership taiwanese di un possibile passo aggressivo da parte di Pechino.
Tra le riforme inserite nella nuova versione della legge, anche norme per impedire che media pro-Cina influenzino l’opinione pubblica e diffondano disinformazione e fake news, anche alla luce del fatto che Taiwan si avvia a elezioni presidenziali a gennaio 2024.
Le nuove norme autorizzano il governo, durante il periodo di guerra, di stringere il controllo sui network d’informazione, comprese le piattaforme digitali e le televisioni. I reati di diffusione di disinformazione subirano pene fino a tre anni di prigione.
Questa è certamente la parte più delicata della normativa, che pone domande in termini di libertà di parola e d’informazione. Il principale partito d’opposizione, il Kuomintang (KMT), che ha una posizione più morbida con Pechino, ha già sollevato le questioni.
Il leader del KMT Eric Chu ha segnalato come le riforme proposte dal governo confliggerebbero con diverse normative sulla libertà di parola nell’isola. Inoltre l’opposizione si è anche detta contraria alla parte della revisione che prevede che gruppi studenteschi vengano mobilitati per produrre forniture militari, affermando che la cosa corrisponderebbe all’utilizzo di bambini soldato.