Reti compostabili per le cozze contro l'inquinamento marino – askanews.it

Reti compostabili per le cozze contro l'inquinamento marino

Alternative a plastica. Studio dalla Stazione Zoologica A. Dohrn
Mar 10, 2023

Amendolara (CZ), 10 mar. (askanews) – Utilizzare materiali biodegradabili e compostabili al posto della plastica tradizionale per la mitilicoltura, come l’allevamento delle cozze, aiuta a ridurre il pericoloso inquinamento marino e rappresenta un vantaggio economico per i produttori.

La conferma arriva da uno studio condotto dalla Stazione Zoologica Anton Dohrn in collaborazione con l’Università di Scienze Gastronomiche e presentato nel corso di un incontro ad Amendolara, in uina delle sedi operative della Stazione Zoologica. “Noi abbiamo applicato una metodologia di studio di segno sperimentale – spiega Teresa Romeo, ricercatrice e direttrice della sede di Sicilia della Stazione Zoologica Anton Dohrn – Abbiamo seguito tutto il ciclo di produzione della cozza, dai primi stadi di innesto a quelli finali di accrescimento, posizionando dei filari, paralleli a quelli normalmente utilizzati, che venivano innestati all’interno di queste reste in Mater-BI”.

Dopo sei mesi di sperimentazione sono tre i risultati più significativi dell’uso delle bioplastiche compostabili rispetto al tradizionale polipropilene. “Il più importante risultato di questo primo studio è stato in termini di sostenibilità per il mitilicoltore. Vale a dire che il materiale utilizzato ha avuto la stessa efficienza in termini di resistenza dell’altro materiale, cioè del propilene solitamente usato. Quindi per il produttore che eventualmente utilizza il materiale compostabile e biodegradabile non ha delle perdite. Un altro risultato è che nessun patogeno è stato riscontrato nel Mater-Bi. Ma il risultato più importante riguarda la crescita: le cozze innestate sul Mater-BI, nel tempo, crescono più velocemente di quelle innestate nel polipropilene”.

Quanto sia urgente trovare soluzioni capaci di ridurre l’impatto ambientale delle attività ittiche lo dicono i numeri: pesca e acquacoltura contribuiscono rispettivamente per il 39% e 14% all’inquinamento da rifiuti marini. Principali indiziati l’abbandono e la perdita accidentale in mare di reti, boe, sacchi per mangimi, guanti e scatole. Numeri destinati ad aumentare vista la crescente richiesta di prodotti ittici come pesce, crostacei e mitili. Peraltro, questi ultimi rappresentano un terzo dei prodotti da acquacoltura, con una produzione che ha superato stabilmente il mezzo milione di tonnellate. “La molluschicultura è una voce importante per l’economia in Italia – dice Silvio Greco, dirigente della Stazione Zoologica Anton Dohrn – Se ne registra una variegata distribuzione in tutti i mari italiani. E questo determina un grosso problema perché tutte la fasi di lavorazione prevedono l’utilizzo di polipropilene, con eventi di abbandono di queste di queste di sostanze in mare”.

La ricerca sulle reste in Mater Bi non è comunque un’iniziativa isolata. Si inserisce infatti all’interno del “Patto con il Mare” sviluppato dall’Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo. “Un ‘Patto per il Mare con la Terra’ – conclude Gabriele Cena, dell’ Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo – serve proprio per unire enti di ricerca, università, istituzioni e aziende nel trovare soluzioni per rendere più sostenibili gli ecosistemi marini”.