Milano, 5 mar. (askanews) – “L’immigrazione suscita spesso sentimenti razzisti e sul tema le forze politiche si dividono strumentalmente. Eppure, di fronte agli esodi dei popoli, la storia ci insegna che le abitudini e le culture possono cambiare. Ci sono cambiamenti storici che non si possono arginare. Oggi siamo di fronte ad un bivio: da una parte assistiamo inermi alla fuga di chi cerca di salvarsi da guerre e miserie mentre, dall’altra, le economie europee soffrono la crisi demografica di un continente sterile, circondato però da popolazioni giovani e da Paesi in crescita”. Lo ha scritto nel consueto editoriale Padre Francesco Occhetta, gesuita, fondatore e direttore di Comunità di Connessioni, segretario generale della Fondazione Fratelli tutti.
“Nei primi mesi del 2023 – ha proseguito – gli sbarchi di migranti in Italia sono triplicati: il 28 febbraio, erano 14.433 i migranti sbarcati rispetto ai 5.474 del 2022 e ai 5.033 dello stesso periodo dell’anno precedente. Con cifre simili non basta, dunque, accogliere fermandosi alla mera accoglienza. Ci sono domande morali che devono rimanere centrali per le società che accolgono come chi è l’altro per me? e l’insegnamento evangelico ‘ero forestiero e mi avete ospitato’. Allo stesso tempo, la gestione culturale e politica del fenomeno immigratorio spinge a chiedersi come gestire questi flussi di persone all’interno di una convivenza pacifica e democratica”.
“Nel dibattito pubblico – prosegue l’editoriale – non si fa riferimento allo ius communicationis, il principio internazionale che ispira le principali Convenzioni e Istituzioni di diritto internazionale in tema di immigrazione. L’accoglienza si fonda su un sentimento di umanità, che si traduce in ospitalità, reciprocità nell’accoglienza e riconoscimento dell’altro in nome della comune appartenenza al genere umano. Su questo presupposto si sono scritte le Convenzioni internazionali, la governance sull’immigrazione e l’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile. Invece la discussione politica sul trema dell’immigrazione è passionale, a volte violenta, spesso piena di polemiche che impediscono un dialogo costruttivo. Si rischia di considerare ‘cattivi’ o ‘disobbedienti’ le persone e le organizzazioni che salvano le vite umane in mezzo al mare. Papa Francesco ha usato i quattro verbi per descrivere un’azione politica che abbiano come obiettivo l’integrazione umana: ‘accogliere, proteggere, promuovere e integrare’. È un programma che non fa sconti e richiede un cambio di mentalità profondo della classe dirigente”.
“La Chiesa in Italia – ha aggiunto il gesuita – è impegnata in prima linea per l’accoglienza attraverso strutture e investimento ingente di risorse. Il Presidente della CEI, il Card. Matteo Zuppi ha recentemente ricordato: ‘Bisogna aiutare i migranti a partire ma anche a restare’. Per farlo, però, occorre tenere insieme tutte le argomentazioni delle parti politiche: aiutare gli immigrati nei loro Paesi di provenienza, perseguire gli scafisti, creare corridoi umanitari, soccorrere in mare come obbligo morale e così via. Permettersi di scegliere alcune azioni ed escluderne altre, rischia di far pagare il prezzo più alto alle persone più deboli”.
“Le paure – ha concluso padre Occhetta – si vincono solo con l’incontro e il confronto, lo insegna la storia, l’alternativa è la paura o la guerra. Lo sbarco degli albanesi nel 1987, seguito dall’esodo polacco e ucraino, ci dice che un’integrazione è possibile e, come allora, serve anche alle imprese e alle famiglie italiane. La sfida dei prossimi anni è simile a quella di ieri. Ma occorre distinguere tra una percezione fondata sulla paura e la realtà che si basa su studi, dati e su modelli culturali e umani”.