Strasburgo, 14 set. (askanews) – Erano molto alte le aspettative per il “discorso sullo stato dell’Unione”, che la presidente della Commissione europea ha pronunciato oggi davanti alla plenaria dell’Europarlamento a Strasburgo, e quasi inevitabilmente qualcuno è rimasto deluso.
Von der Leyen ha focalizzato fin troppo il suo lungo intervento sulla guerra in Ucraina, le accuse all’aggressore russo, e soprattutto la risposta che l’Ue dovrà dare alla crisi energetica senza precedenti, neanche negli anni ’70, che è stata deliberatamente provocata dalle guerra e, anche nei mesi precedenti, dalle manipolazioni del mercato da parte del regime di Mosca. Di conseguenza, poco o nessuno spazio è stato dato ad altri temi fondamentali per l’Ue, come la difesa, l’allargamento, l’autonomia strategica, e persino il clima e l’ambiente, cavallo di battaglia fin dall’inizio di questa Commissione con il suo Green Deal.
Ma anche in campo energetico, è evidente la marcia indietro rispetto al “price cap”, il tetto al prezzo del gas russo, innanzitutto, e possibilmente anche a quello di altra provenienza, che diversi Stati membri, a cominciare dall’Italia, chiedono da tempo. Una proposta che alla fine la Commissione si era impegnata a sostenere e a proporre alla discussione dei ministri dei Ventisette. Ma von der Leyen oggi ne ha parlato come di un’ipotesi ancora in alto mare (“i tetti al prezzo attualmente in discussione”), e ha prospettato, piuttosto, una soluzione alternativa: quella di una “task force” per trattare un giusto prezzo con i fornitori “affidabili” di gas, come la Norvegia.
“I ministri dell’Energia la settimana scorsa a Bruxelles hanno espresso riserve su un tetto al prezzo del gas, affermando che rischia di compromettere la capacità dell’Ue di negoziare accordi di con fornitori alternativi”, ha riferito la presidente della Commissione. “Dobbiamo continuare a impegnarci per abbassare i prezzi del gas”, ma “bisogna garantire – ha aggiunto von der Leyen – tanto la sicurezza dell’approvvigionamento quanto la nostra competitività a livello globale”.
“Elaboreremo quindi insieme agli Stati membri – ha annunciato -una serie di misure che tengano conto delle specificità delle nostre relazioni con i fornitori, da quelli più inaffidabili come la Russia ai partner fidati come la Norvegia. Ho concordato con il primo ministro norvegese Støre l’istituzione di una ‘task force’ e i lavori sono già iniziati”.
Ma non vanno sottovalutate le misure concrete d’emergenza contro il caro energia, finalmente definitive e corredate di cifre precise, nel Regolamento del Consiglio che è stato proposto dalla Commissione dopo le molte bozze provvisorie circolate nei giorni scorsi. Le misure sono sostanzialmente tre.
La prima è il tetto ai ricavi delle fonti energetiche definite “infra marginali”, in sostanza rinnovabili, nucleare e lignite, che è stato fissato a 180 euro per MWh, 20 euro in meno di quanto proponevano le bozze precedenti. Tutti i ricavi che superano questo tetto, andranno agli Stati membri, che li useranno per finanziare le misure di compensazione del caro energia per le famiglie e le imprese più colpite, e gli investimenti nelle fonti energetiche pulite.
Da notare che gli Stati membri potranno imporre un tetto più basso, in particolare nei paesi con una forte diffusione delle rinnovabili, in cui i ricavi sono più alti della media (perché sono la fonte di energia con i minori costi operativi). Secondo la Commissione, questo meccanismo permetterà ai governi di recuperare circa 117 miliardi di euro, da redistribuire nel sistema per mitigare l’impatto dei caro energia su consumatori più vulnerabili, o da destinare a investimenti nelle fonti energetiche pulite.
La seconda misura consisterà invece in un prelievo del 33% sui “super profitti” delle società che forniscono elettricità da fonti fossili (petrolio, gas, carbone, raffinerie). Il prelievo, chiamato “contributo temporaneo di solidarietà” e limitato al 2022, sarà imposto dalle amministrazioni fiscali degli Stati membri sulla base dell’imponibile delle imprese. Gli extra profitti sono definiti come i profitti superiori al 20% della media degli ultimi tre anni (2019-2020-2021). Il gettito di questo prelievo, che si aggiungerà alle normali imposte pagate dalle imprese e che la Commissione calocola possa raggiungere i 25 miliardi di euro, andrà destinato, anche in questo caso, alla riduzione delle bollette di famiglie e imprese più vulnerabili, e agli investimenti nelle energie rinnovabili.
La terza misura è una riduzione obbligatoria “intelligente” del del consumo di elettricità nelle “ore di picco”, quelle in cui l’energia costa di più e in cui più viene utilizzato il gas per produrla. La proposta di regolamento prevede che gli Stati membri assicurino una riduzione dei consumi di energia elettrica del 5% nelle ore più costose (che sono diverse a seconda dei paesi), e che questa riduzione sia attuata per almeno il 10% delle ore di picco di ogni mese.
Oltre a queste proposte, la Commissione ha confermato l’impegno a modificare il quadro delle regole Ue per consentire l’intervento degli Stati (con prestiti e garanzie) a sostegno della liquidità delle aziende energetiche, messe sotto enorme pressione sul mercato finanziario dalla estrema volatilità dei prezzi nel settore. In questo caso però c’è ancora bisogno di un po’ di tempo per consultare i regolatori, ma la misura dovrebbe essere pronta per essere sottoposta ai ministri dell’Energia al Consiglio Ue straordinario del 30 settembre.