Lo studio “positive” presentato al San Antonio Breast Cancer Symposium
Roma, 26 gen. (askanews) – Una notizia destinata a cambiare la vita di molte donne. La novita’ emerge dallo studio “POSITIVE” che sara’ presto pubblicato e i cui risultati sono stati presentati al San Antonio Breast Cancer Symposium negli USA: le donne con diagnosi di cancro al seno e recettori ormonali positivi ovvero sensibile agli ormoni, con una diagnosi in stadio iniziale, possono interrompere in sicurezza, dopo aver fatto almeno 18 mesi, la cura anti-ormonale se vogliono cercare una gravidanza per poi tornare a completare i 5 – 10 anni di terapia normalmente indicati per questa forma tumorale.
Matteo Lambertini, professore associato all’Universita’ di Genova, oncologo all’ospedale Policlinico San Martino di Genova e membro scientifico dell’associazione aBRCAdabra, commenta questi risultati come una “novita’ grande, e’ stato uno studio coraggioso e difficile da condurre ma i cui risultati al momento sembrano dirci che questa interruzione puo’ essere considerata sicura”, afferma.
Spiega l’oncologo: “Altri studi avevano valutato la sicurezza della gravidanza dopo le cure standard, ma mai l’interruzione della cura, in questo caso la terapia anti-ormonale che in alcuni casi va assunta fino a 10 anni”. Cambiera’ la vita di tantissime donne che potranno cosi’ non rinunciare a diventare mamme ne’ posticipare questo progetto di vita. Certo l’esperto invita ad avere “cautela. Dobbiamo continuare a seguire queste donne, quelle arruolate erano poco piu’ di 500. Ricordiamo che la maggior parte di queste donne avevano un tumore della mammella in stadio 1, nello studio potevano entrare tutte ed erano le pazienti a chiedere, ma quelle ad alto rischio erano pochissime e quasi 1 su 4 ha avuto una recidiva dopo la sospensione. Oggi sappiamo che e’ sicuro farlo se si ha un tumore a basso rischio; nelle donne con stadio piu’ avanzato e’ meglio terminare la cura anti-ormonale di 5 o 10 anni”.
“I 3 quarti ovvero il 75% di queste donne, con un’eta’ media di 37 anni, ha avuto la gravidanza, e i bambini nati stanno bene. Nello studio c’era anche una quota di pazienti BRCA”. Lambertini e’ membro del board scientifico dell’associazione aBRCAdabra, prima in Italia nata per le persone portatrici di variante genetica BRCA e molto attenta alle istanze delle giovani donne, che hanno avuto un tumore o affrontano la chirurgia di riduzione del rischio come Jolie o Bianca Balti, sui temi della maternita’ e della fertilita’. L’onlus incoraggia studi, ricerche, audit delle pazienti e maggiore attenzione anche da parte del mondo medico.
Non resta che incoraggiare le donne, ma anche i medici perche’ e’ ancora molto bassa la percentuale delle donne (solo il 5% under 40) che dopo una diagnosi di cancro diventano mamme. Non sono solo le donne ad avere paura, “tanti colleghi oncologi scoraggiano le donne ad avere una gravidanza- ricorda infine Lambertini- a inizio 2022 in un questionario che abbiamo fatto tra colleghi che si occupano di cancro al seno, 1 oncologo su 3 sosteneva che non fosse sicuro avere una gravidanza dopo aver terminato cure e periodo di osservazione appropriati dopo la malattia”.