Incostituzionale la norma che consente al questore di vietarne, in tutto o in parte, il possesso o l’utilizzo
Roma, 12 gen. (askanews) – Nel caso di condannati per delitti non colposi, il questore puo’ “proporre” il divieto di possedere o utilizzare, in tutto o in parte, “qualsiasi apparato di comunicazione radiotrasmittente” e, dunque, anche i telefoni cellulari ma “non gli compete di adottare il provvedimento, poiche’ l’articolo 15 della Costituzione non lo consente: la decisione non puo’ che essere dell’autorita’ giudiziaria, con le procedure, le modalita’ e i tempi che compete al legislatore prevedere, nel rispetto della riserva di legge prevista dalla Costituzione”. Lo afferma la Corte costituzionale, nella sentenza 2/2023 del 20 dicembre 2022, redattore il giudice Zanon.
La questione era stata sollevata dal tribunale di Sassari. Il giudice doveva infatti pronunciarsi “sulla responsabilita’ penale di A. L.” che era “stato colto in possesso di un telefono cellulare, nonostante nei suoi confronti fosse stato emesso avviso orale” con imposizione di divieti “tra i quali, appunto, quello ‘di possedere o utilizzare, in tutto o in parte, qualsiasi apparato di comunicazione radiotrasmittente'”.
Per i giudici della Consulta, l’art. 3, comma 4, del codice antimafia “va dichiarato costituzionalmente illegittimo, nella parte in cui – sul presupposto che il telefono cellulare rientra tra gli apparati di comunicazione radiotrasmittente – consente al questore di vietarne, in tutto o in parte, il possesso e l’utilizzo”.
La rimozione del potere di decisione spettante al questore, infine, conclude la Corte, “comporta l’assorbimento delle ulteriori questioni di legittimita’ costituzionale sollevate: sia quella inerente alla presunta lesione del diritto di accesso alla rete; sia quelle concernenti, da un lato, l’asserito deteriore trattamento riservato ai destinatari del divieto di possedere e usare telefoni cellulari rispetto a coloro che sono raggiunti dalle misure di prevenzione personali applicate dall’autorita’ giudiziaria ex art. 4 cod. antimafia, e dall’altro, la circostanza che la disposizione censurata consenta un siffatto divieto senza un limite minimo e massimo di durata”.
I giudici ricordano che l’articolo 15 della Costituzione definisce la liberta’ di comunicare come inviolabile e fanno notare come sia “difficile pensare che il divieto di possesso e uso di un telefono mobile – considerata l’universale diffusione attuale di questo strumento, in ogni ambito della vita lavorativa, familiare e personale – non si traduca in un limite alla liberta’ di comunicare, ‘spazio vitale che circonda la persona’” (come recitano le sentenze n. 81 del 1993 e n. 366 del 1991), in quanto “attinente alla sua dimensione sociale e relazionale”.
Da questo punto di vista, prosegue il ragionamento della Corte, “il telefono cellulare ha assunto un ruolo non paragonabile a quello degli altri strumenti” e “rivelerebbe un senso d’irrealta’ l’obiezione per cui la liberta’ di comunicare, privata del telefono mobile, ben potrebbe ancora oggi essere soddisfatta attraverso mezzi diversi, come gli apparati di telefonia fissa”.
Per la Consulta “il contenuto essenziale della liberta’ non puo’ subire restrizioni, se non in ragione della necessita’ di soddisfare un interesse pubblico costituzionalmente rilevante, ‘sempreche’ l’intervento limitativo posto in essere sia strettamente necessario alla tutela di quell’interesse e sia rispettata la duplice garanzia che la disciplina prevista risponda ai requisiti propri della riserva assoluta di legge e la misura limitativa sia disposta con atto motivato dell’autorita’ giudiziaria’”.
Cos/Int13
Consulta: sul divieto di uso del cellulare decide il giudice, non il questore
Roma, 12 gen. (askanews) – Nel caso di condannati per delitti non colposi, il questore puo’ “proporre” il divieto di possedere o utilizzare, in tutto o in parte, “qualsiasi apparato di comunicazione radiotrasmittente” e, dunque, anche i telefoni cellulari ma “non gli compete di adottare il provvedimento, poiche’ l’articolo 15 della Costituzione non lo consente: la decisione non puo’ che essere dell’autorita’ giudiziaria, con le procedure, le modalita’ e i tempi che compete al legislatore prevedere, nel rispetto della riserva di legge prevista dalla Costituzione”. Lo afferma la Corte costituzionale, nella sentenza 2/2023 del 20 dicembre 2022, redattore il giudice Zanon.
La questione era stata sollevata dal tribunale di Sassari. Il giudice doveva infatti pronunciarsi “sulla responsabilita’ penale di A. L.” che era “stato colto in possesso di un telefono cellulare, nonostante nei suoi confronti fosse stato emesso avviso orale” con imposizione di divieti “tra i quali, appunto, quello ‘di possedere o utilizzare, in tutto o in parte, qualsiasi apparato di comunicazione radiotrasmittente'”.
Per i giudici della Consulta, l’art. 3, comma 4, del codice antimafia “va dichiarato costituzionalmente illegittimo, nella parte in cui – sul presupposto che il telefono cellulare rientra tra gli apparati di comunicazione radiotrasmittente – consente al questore di vietarne, in tutto o in parte, il possesso e l’utilizzo”.
La rimozione del potere di decisione spettante al questore, infine, conclude la Corte, “comporta l’assorbimento delle ulteriori questioni di legittimita’ costituzionale sollevate: sia quella inerente alla presunta lesione del diritto di accesso alla rete; sia quelle concernenti, da un lato, l’asserito deteriore trattamento riservato ai destinatari del divieto di possedere e usare telefoni cellulari rispetto a coloro che sono raggiunti dalle misure di prevenzione personali applicate dall’autorita’ giudiziaria ex art. 4 cod. antimafia, e dall’altro, la circostanza che la disposizione censurata consenta un siffatto divieto senza un limite minimo e massimo di durata”.
I giudici ricordano che l’articolo 15 della Costituzione definisce la liberta’ di comunicare come inviolabile e fanno notare come sia “difficile pensare che il divieto di possesso e uso di un telefono mobile – considerata l’universale diffusione attuale di questo strumento, in ogni ambito della vita lavorativa, familiare e personale – non si traduca in un limite alla liberta’ di comunicare, ‘spazio vitale che circonda la persona’” (come recitano le sentenze n. 81 del 1993 e n. 366 del 1991), in quanto “attinente alla sua dimensione sociale e relazionale”.
Da questo punto di vista, prosegue il ragionamento della Corte, “il telefono cellulare ha assunto un ruolo non paragonabile a quello degli altri strumenti” e “rivelerebbe un senso d’irrealta’ l’obiezione per cui la liberta’ di comunicare, privata del telefono mobile, ben potrebbe ancora oggi essere soddisfatta attraverso mezzi diversi, come gli apparati di telefonia fissa”.
Per la Consulta “il contenuto essenziale della liberta’ non puo’ subire restrizioni, se non in ragione della necessita’ di soddisfare un interesse pubblico costituzionalmente rilevante, ‘sempreche’ l’intervento limitativo posto in essere sia strettamente necessario alla tutela di quell’interesse e sia rispettata la duplice garanzia che la disciplina prevista risponda ai requisiti propri della riserva assoluta di legge e la misura limitativa sia disposta con atto motivato dell’autorita’ giudiziaria’”.
Cos/Int13