Lega: non umiliare Mosca. Votano contro M5S, AVS e 2 Pd ma per errore
Roma, 11 gen. (askanews) – Un si’ larghissimo, che unisce maggioranza e gran parte delle opposizioni, ma nel dibattito parlamentare qualche distinguo c’e’. Passa al Senato il decreto che proroga di un anno il mandato al Governo per la prosecuzione delle forniture militari all’Ucraina. L’esito del voto e’ di 125 si’, 28 no (M5S e AVS, con in piu’ un paio di voti “per errore” dal Pd, che diffonde una nota per precisare che Valeria Valente e Andrea Giorgis hanno spinto il bottone sbagliato) e due astensioni, sempre dal Pd. Ma nelle dichiarazioni di voto che ribadiscono il sostegno armato a Kiev e alla linea della Nato e dell’Unione europea filtra sempre, quando si discute di questo tema, qualche sfumatura di differenza nell’analisi che i diversi gruppi fanno del conflitto, delle sue cause originarie e dei possibili sbocchi futuri.
Scontato l’appassionato no del gruppo del M5S, che si spacco’ al suo interno quando disse si’ al’epoca del governo Draghi. Ettore Licheri ricorda che “all’Ucraina non mancano le armi” ma “gli aiuti umanitari, gli aiuti sanitari; mancano i mediatori; mancano i negoziatori; manca chi parli, per loro conto, di sovranita’ e di diritto internazionale”. No secco anche da Peppe De Cristofaro per Alleanza Verdi Sinistra, che ricorda che la “sostanziale parita’” militare fra Russia e Ucraina “e’ stata garantita e il risultato non e’ quello di un passo in avanti verso la pace”.
Nel solco del prevedibile anche la voce del principale partito di maggioranza, Fratelli d’Italia. Il si’ del gruppo, per bocca di Raffaele Speranzon, motiva anche l’orientamento favorevole a un salto nella tipologia di forniture militari: “I missili russi – spiega – non vanno a colpire solo gli impianti militari e le caserme” quindi “il nostro obiettivo e’ quello di sostenere il popolo ucraino e farlo significa abbattere quei missili e metterlo in condizione di difendersi”. Tra i favorevoli dai banchi delle opposizioni Carlo Calenda, leader di Azione, che esprime forse la linea piu’ radicale: “L’obiettivo – mette in chiaro – e’ la liberazione delle zone occupate dalla Russia”. Per il Pd parla Pier Ferdinando Casini, che richiama i valori condivisi dell’Occidente e attacca il M5S: “Forse sono in crisi d’identita’, ma io sono per dire viva la pace, viva l’Ucraina, come il senatore Licheri. L’unica cosa che non riesco a capire con queste premesse e’ come abbia fatto il senatore Licheri a spiegarci che non votera’ e non appoggera’ il decreto-legge che contiene una continuita’ negli impegni del nostro Paese”.
Nel campo delle citate sfumature, pur senza tentennamenti nel si’ al provvedimento in discussione, si collocano le posizioni espresse da Forza Italia e Lega. Maurizio Gasparri ripercorre un po di storia delle regioni investite dal conflitto, cita l’ottocentesca guerra di Crimea alla quale partecipo’ il Regno di Piemonte (l’Italia non era ancora unita) e la cessione novecentesca della stessa Crimea all’Ucraina da parte del leader sovietico Krusciov nell’ambito dell’Urss. Rivendica sa nome degli azzurri il fatto che “i Governi guidati da Berlusconi seppero dialogare con Putin e con Bush, con Gheddafi e con l’Unione europea” e chiede “una capacita’ di protagonismo della comunita’ occidentale e dell’Italia all’interno di essa”.
Roma, 11 gen. (askanews) – Il piu’ duro, in alcuni passaggi, e’ il presidente dei senatori della Lega Massimiliano Romeo, ad esempio per lo scetticismo espresso sulle posizioni del governo di Kiev, che “ha dichiarato che non ci puo’ essere pace senza le terre perdute, per cui e’ giustificata la guerra per la loro riconquista, costi quel che costi in termini di uomini e di cose, in sostanza dicendo che soltanto tornando ai confini del 1991, quindi riprendendosi anche le terre compresa la Crimea, puo’ essere garantita la famosa stabilita’ territoriale. E’ evidente che Putin non consentira’ mai questo” e il rischio, avverte, e’ l’avvio “della terza guerra mondiale o di una guerra nucleare”. Certo, concede Romeo, “che la pace non si puo’ ottenere deponendo le armi o con la resa dell’Ucraina”. Ma la conclusione e’ piuttosto critica nei confronti del ponte di comando del campo occidentale: “Rimuoviamo pero’ quell’idea, che balena anche da parte di qualcuno di noi in quest’aula ma che e’ una mentalita’ dominante in Europa e negli Stati Uniti (ce l’hanno soprattutto quelli che comandano), che la pace possa esserci solo con la sconfitta o, ancor peggio, con l’umiliazione di Mosca, altrimenti – avverte – rischieremo solo di parlare di pace in modo ipocrita”.
Bar/Int13
Largo sì del Senato all’invio delle armi all’Ucraina (ma emerge qualche distinguo)
Roma, 11 gen. (askanews) – Un si’ larghissimo, che unisce maggioranza e gran parte delle opposizioni, ma nel dibattito parlamentare qualche distinguo c’e’. Passa al Senato il decreto che proroga di un anno il mandato al Governo per la prosecuzione delle forniture militari all’Ucraina. L’esito del voto e’ di 125 si’, 28 no (M5S e AVS, con in piu’ un paio di voti “per errore” dal Pd, che diffonde una nota per precisare che Valeria Valente e Andrea Giorgis hanno spinto il bottone sbagliato) e due astensioni, sempre dal Pd. Ma nelle dichiarazioni di voto che ribadiscono il sostegno armato a Kiev e alla linea della Nato e dell’Unione europea filtra sempre, quando si discute di questo tema, qualche sfumatura di differenza nell’analisi che i diversi gruppi fanno del conflitto, delle sue cause originarie e dei possibili sbocchi futuri.
Scontato l’appassionato no del gruppo del M5S, che si spacco’ al suo interno quando disse si’ al’epoca del governo Draghi. Ettore Licheri ricorda che “all’Ucraina non mancano le armi” ma “gli aiuti umanitari, gli aiuti sanitari; mancano i mediatori; mancano i negoziatori; manca chi parli, per loro conto, di sovranita’ e di diritto internazionale”. No secco anche da Peppe De Cristofaro per Alleanza Verdi Sinistra, che ricorda che la “sostanziale parita’” militare fra Russia e Ucraina “e’ stata garantita e il risultato non e’ quello di un passo in avanti verso la pace”.
Nel solco del prevedibile anche la voce del principale partito di maggioranza, Fratelli d’Italia. Il si’ del gruppo, per bocca di Raffaele Speranzon, motiva anche l’orientamento favorevole a un salto nella tipologia di forniture militari: “I missili russi – spiega – non vanno a colpire solo gli impianti militari e le caserme” quindi “il nostro obiettivo e’ quello di sostenere il popolo ucraino e farlo significa abbattere quei missili e metterlo in condizione di difendersi”. Tra i favorevoli dai banchi delle opposizioni Carlo Calenda, leader di Azione, che esprime forse la linea piu’ radicale: “L’obiettivo – mette in chiaro – e’ la liberazione delle zone occupate dalla Russia”. Per il Pd parla Pier Ferdinando Casini, che richiama i valori condivisi dell’Occidente e attacca il M5S: “Forse sono in crisi d’identita’, ma io sono per dire viva la pace, viva l’Ucraina, come il senatore Licheri. L’unica cosa che non riesco a capire con queste premesse e’ come abbia fatto il senatore Licheri a spiegarci che non votera’ e non appoggera’ il decreto-legge che contiene una continuita’ negli impegni del nostro Paese”.
Nel campo delle citate sfumature, pur senza tentennamenti nel si’ al provvedimento in discussione, si collocano le posizioni espresse da Forza Italia e Lega. Maurizio Gasparri ripercorre un po di storia delle regioni investite dal conflitto, cita l’ottocentesca guerra di Crimea alla quale partecipo’ il Regno di Piemonte (l’Italia non era ancora unita) e la cessione novecentesca della stessa Crimea all’Ucraina da parte del leader sovietico Krusciov nell’ambito dell’Urss. Rivendica sa nome degli azzurri il fatto che “i Governi guidati da Berlusconi seppero dialogare con Putin e con Bush, con Gheddafi e con l’Unione europea” e chiede “una capacita’ di protagonismo della comunita’ occidentale e dell’Italia all’interno di essa”.
Roma, 11 gen. (askanews) – Il piu’ duro, in alcuni passaggi, e’ il presidente dei senatori della Lega Massimiliano Romeo, ad esempio per lo scetticismo espresso sulle posizioni del governo di Kiev, che “ha dichiarato che non ci puo’ essere pace senza le terre perdute, per cui e’ giustificata la guerra per la loro riconquista, costi quel che costi in termini di uomini e di cose, in sostanza dicendo che soltanto tornando ai confini del 1991, quindi riprendendosi anche le terre compresa la Crimea, puo’ essere garantita la famosa stabilita’ territoriale. E’ evidente che Putin non consentira’ mai questo” e il rischio, avverte, e’ l’avvio “della terza guerra mondiale o di una guerra nucleare”. Certo, concede Romeo, “che la pace non si puo’ ottenere deponendo le armi o con la resa dell’Ucraina”. Ma la conclusione e’ piuttosto critica nei confronti del ponte di comando del campo occidentale: “Rimuoviamo pero’ quell’idea, che balena anche da parte di qualcuno di noi in quest’aula ma che e’ una mentalita’ dominante in Europa e negli Stati Uniti (ce l’hanno soprattutto quelli che comandano), che la pace possa esserci solo con la sconfitta o, ancor peggio, con l’umiliazione di Mosca, altrimenti – avverte – rischieremo solo di parlare di pace in modo ipocrita”.
Bar/Int13