Anche i cristiani spesso ragionano: ‘chi e’ dei nostri e chi no’?
Citta’ del Vaticano, 11 gen. (askanews) – “Ecco il messaggio per noi: non dobbiamo attendere di essere perfetti e di aver fatto un lungo cammino dietro a Gesu’ per testimoniarlo; il nostro annuncio comincia oggi, li’ dove viviamo. E non comincia cercando di convincere gli altri, ma testimoniando ogni giorno la bellezza dell’Amore che ci ha guardati e ci ha rialzati. Sara’ dal comunicare questa bellezza a convincere la gente, noi non siamo un partito polito, e’ il Signore che convince.
Come infatti ci ha insegnato Papa Benedetto, ‘la Chiesa non fa proselitismo. Essa si sviluppa piuttosto per attrazione’. La chiesa cresce non per proselitismo ma per attrazione”.
Papa Francesco, parlando dello “zelo evangelizzatore”, ha citato il suo predecessore e la sua Omelia pronunciata nella Messa inaugurale della V Conferenza Generale dell’Episcopato Latinoamericano e dei Caraibi, Aparecida, 13 maggio 2007. Una citazione venuta al termine della odierna catechesi nel corso dell’Udienza generale in Vaticano.
Il papa ha poi detto: “Possiamo chiederci: com’e’ il nostro sguardo verso gli altri? Quante volte ne vediamo i difetti e non le necessita’; quante volte etichettiamo le persone per cio’ che fanno o pensano! Anche come cristiani ci diciamo: e’ dei nostri o non e’ dei nostri?”. Ma questo, ha puntualizzato, “non e’ lo sguardo di Gesu’: Lui guarda sempre ciascuno con misericordia e predilezione. E i cristiani sono chiamati a fare come Cristo, guardando come Lui specialmente i cosiddetti ‘lontani'”.
“Questa testimonianza attraente e gioiosa – ha concluso – e’ la meta a cui ci porta Gesu’ con il suo sguardo di amore e con il movimento di uscita che il suo Spirito suscita nel cuore”.
“Staccarsi” dal potere per andare incontro agli altri e annunciare il Vangelo, ha chiesto stamane Papa Francesco nella sua catechesi.
Terminato il ciclo sul discernimento, Francesco ha iniziato con oggi il nuovo ciclo di catechesi su “La passione per l’evangelizzazione: lo zelo apostolico del credente”, incentrando la sua meditazione sul tema: “La chiamata all’apostolato”.
“La passione per l’evangelizzazione, cioe’ lo zelo apostolico” e non “proselitista”, ha detto, e’ “un tema urgente e decisivo per la vita cristiana”. “Si tratta di una dimensione vitale per la Chiesa: – ha ricordato – la comunita’ dei discepoli di Gesu’ nasce infatti apostolica, missionaria. Lo Spirito Santo la plasma in uscita, perche’ non sia ripiegata su se’ stessa, ma estroversa, testimone contagiosa di Gesu’, protesa a irradiare la sua luce fino agli estremi confini della terra”. Ma “puo’ succedere, pero’, che l’ardore apostolico, il desiderio di raggiungere gli altri con il buon annuncio del Vangelo, diminuisca. A volte sembra eclissarsi. Ma quando la vita cristiana perde di vista l’orizzonte dell’annuncio, si ammala: si chiude in se’ stessa, diventa autoreferenziale, si atrofizza. Senza zelo apostolico, la fede appassisce. La missione e’ invece l’ossigeno della vita cristiana: la tonifica e la purifica”.
Citando l’episodio evangelico della chiamata del “pubblicano” Matteo, esattore dei romani e, quindi, visto come “un collaborazionista e un traditore del popolo”, Francesco ha poi detto che “Gesu’ si avvicina a lui, perche’ ogni uomo e’ amato da Dio. Questo sguardo, che vede l’altro, chiunque sia, come destinatario di amore, e’ l’inizio della passione evangelizzatrice. Tutto parte da questo sguardo, che impariamo da Gesu'”. “Possiamo chiederci: – ha proseguito Francesco nella sua catechesi – com’e’ il nostro sguardo verso gli altri? Quante volte ne vediamo i difetti e non le necessita’; quante volte etichettiamo le persone per cio’ che fanno o pensano! Anche come cristiani ci diciamo: e’ dei nostri o non e’ dei nostri? Questo non e’ lo sguardo di Gesu’: Lui guarda sempre ciascuno con misericordia e predilezione. E i cristiani sono chiamati a fare come Cristo, guardando come Lui specialmente i cosiddetti ‘lontani'”.
“La prima cosa che fa Gesu’ – e’ poi proseguita la riflessione del Papa – e’ staccare Matteo dal potere: dallo stare seduto a ricevere gli altri lo pone in movimento verso gli altri; gli fa lasciare una posizione di supremazia per metterlo alla pari con i fratelli e aprirgli gli orizzonti del servizio. Questo fa Cristo e questo e’ fondamentale per i cristiani: noi discepoli di Gesu’, noi Chiesa, stiamo seduti aspettando che la gente venga o sappiamo alzarci, metterci in cammino con gli altri, cercare gli altri?”, e’ la domanda che Papa Francesco ha lasciato ai fedeli.
Gci/Int13
Il Papa cita Benedetto XVI e dice: “evengelizzare non è proselitismo”
Citta’ del Vaticano, 11 gen. (askanews) – “Ecco il messaggio per noi: non dobbiamo attendere di essere perfetti e di aver fatto un lungo cammino dietro a Gesu’ per testimoniarlo; il nostro annuncio comincia oggi, li’ dove viviamo. E non comincia cercando di convincere gli altri, ma testimoniando ogni giorno la bellezza dell’Amore che ci ha guardati e ci ha rialzati. Sara’ dal comunicare questa bellezza a convincere la gente, noi non siamo un partito polito, e’ il Signore che convince.
Come infatti ci ha insegnato Papa Benedetto, ‘la Chiesa non fa proselitismo. Essa si sviluppa piuttosto per attrazione’. La chiesa cresce non per proselitismo ma per attrazione”.
Papa Francesco, parlando dello “zelo evangelizzatore”, ha citato il suo predecessore e la sua Omelia pronunciata nella Messa inaugurale della V Conferenza Generale dell’Episcopato Latinoamericano e dei Caraibi, Aparecida, 13 maggio 2007. Una citazione venuta al termine della odierna catechesi nel corso dell’Udienza generale in Vaticano.
Il papa ha poi detto: “Possiamo chiederci: com’e’ il nostro sguardo verso gli altri? Quante volte ne vediamo i difetti e non le necessita’; quante volte etichettiamo le persone per cio’ che fanno o pensano! Anche come cristiani ci diciamo: e’ dei nostri o non e’ dei nostri?”. Ma questo, ha puntualizzato, “non e’ lo sguardo di Gesu’: Lui guarda sempre ciascuno con misericordia e predilezione. E i cristiani sono chiamati a fare come Cristo, guardando come Lui specialmente i cosiddetti ‘lontani'”.
“Questa testimonianza attraente e gioiosa – ha concluso – e’ la meta a cui ci porta Gesu’ con il suo sguardo di amore e con il movimento di uscita che il suo Spirito suscita nel cuore”.
“Staccarsi” dal potere per andare incontro agli altri e annunciare il Vangelo, ha chiesto stamane Papa Francesco nella sua catechesi.
Terminato il ciclo sul discernimento, Francesco ha iniziato con oggi il nuovo ciclo di catechesi su “La passione per l’evangelizzazione: lo zelo apostolico del credente”, incentrando la sua meditazione sul tema: “La chiamata all’apostolato”.
“La passione per l’evangelizzazione, cioe’ lo zelo apostolico” e non “proselitista”, ha detto, e’ “un tema urgente e decisivo per la vita cristiana”. “Si tratta di una dimensione vitale per la Chiesa: – ha ricordato – la comunita’ dei discepoli di Gesu’ nasce infatti apostolica, missionaria. Lo Spirito Santo la plasma in uscita, perche’ non sia ripiegata su se’ stessa, ma estroversa, testimone contagiosa di Gesu’, protesa a irradiare la sua luce fino agli estremi confini della terra”. Ma “puo’ succedere, pero’, che l’ardore apostolico, il desiderio di raggiungere gli altri con il buon annuncio del Vangelo, diminuisca. A volte sembra eclissarsi. Ma quando la vita cristiana perde di vista l’orizzonte dell’annuncio, si ammala: si chiude in se’ stessa, diventa autoreferenziale, si atrofizza. Senza zelo apostolico, la fede appassisce. La missione e’ invece l’ossigeno della vita cristiana: la tonifica e la purifica”.
Citando l’episodio evangelico della chiamata del “pubblicano” Matteo, esattore dei romani e, quindi, visto come “un collaborazionista e un traditore del popolo”, Francesco ha poi detto che “Gesu’ si avvicina a lui, perche’ ogni uomo e’ amato da Dio. Questo sguardo, che vede l’altro, chiunque sia, come destinatario di amore, e’ l’inizio della passione evangelizzatrice. Tutto parte da questo sguardo, che impariamo da Gesu'”. “Possiamo chiederci: – ha proseguito Francesco nella sua catechesi – com’e’ il nostro sguardo verso gli altri? Quante volte ne vediamo i difetti e non le necessita’; quante volte etichettiamo le persone per cio’ che fanno o pensano! Anche come cristiani ci diciamo: e’ dei nostri o non e’ dei nostri? Questo non e’ lo sguardo di Gesu’: Lui guarda sempre ciascuno con misericordia e predilezione. E i cristiani sono chiamati a fare come Cristo, guardando come Lui specialmente i cosiddetti ‘lontani'”.
“La prima cosa che fa Gesu’ – e’ poi proseguita la riflessione del Papa – e’ staccare Matteo dal potere: dallo stare seduto a ricevere gli altri lo pone in movimento verso gli altri; gli fa lasciare una posizione di supremazia per metterlo alla pari con i fratelli e aprirgli gli orizzonti del servizio. Questo fa Cristo e questo e’ fondamentale per i cristiani: noi discepoli di Gesu’, noi Chiesa, stiamo seduti aspettando che la gente venga o sappiamo alzarci, metterci in cammino con gli altri, cercare gli altri?”, e’ la domanda che Papa Francesco ha lasciato ai fedeli.
Gci/Int13